Il sole 24 ore del 21 gennaio 2002

Secondo un'indagine condotta dai generalisti a Verona e a Bari, due prescrizioni su tre non rispettano le note al risparmio della Cuf.

Il medico specialista non bada alla spesa


Di Roberto Turno

Due ricette su tre di farmaci prescritti dai medici specialisti non rispettano le note limitative della Cuf (Commissione unica del farmaco). Quelle che consentono di erogare un medicinale a carico del Ssn - di solito i più nuovi e costosi - ma solo per determinate patologie ben definite. Intanto la spesa farmaceutica cresce. Ma a dover dare conto di tanta generosità sia al Ssn che ai pazienti sono i detentori della «ricetta rosa», la sola che il Ssn rimborsa: i medici di medicina generale. Che dovendo trascrivere sul ricettario del Ssn le medicine indicate dai loro colleghi, si trovano tra l'incudine dei diktat delle Asl di risparmiare e il martello dei pazienti che invece pretendono le cure gratis. Un circuito perverso, anche perché medici di famiglia e specialisti sono vasi tra loro non comunicanti: manca il dialogo e, con buona pace della privacy, le ricette arrivano spesso sui tavoli dei generalisti in busta aperta e con l'indicazione perentoria del nome commerciale del farmaco da prescrivere. Medici di famiglia prescrittori per conto terzi, insomma. E alle prese con le "rognose" spiegazioni da dare ai pazienti, se mai in rispetto delle «note Cuf» negassero loro un farmaco prescritto dal collega specialista perché non necessario alla forma patologica del paziente. Una condizione intorno a cui i medici di base fanno quadrato: non siamo burocrati, è la parola d'ordine. Né siamo i soli responsabili di una delle variabili impazzite della spesa, lamentano. Un allarme in piena regola. Dimostrato, dati alla mano, dai risultati di un'indagine condotta dal principale sindacato (Fimmg) e dalla società scientifica (Simg) dei generalisti, prendendo a campione le ricette degli specialisti arrivate sui tavoli dei generalisti di Verona e Bari. La palma di specialisti più "indisciplinati" nel rispettare le note Cuf è toccata ai medici di pronto soccorso, seguiti da neurologi, chirurghi, cardiologi e ortopedici. Anche se le prescrizioni di questi ultimi sono quelle considerate dai generalisti le più "imbarazzanti" da trascrivere. Nel mirino la «nota 79», relativa a farmaci a carico del Ssn per la cura dell'osteoporosi e che, secondo i medici di famiglia, gli specialisti utilizzano con troppa facilità, prescrivendo i farmaci anche non in preseneza dei quadri patologioci previsti dalla Cuf. Una scioltezza dimostrata dai dati: gli ortopedici restano infatti negli argini delle indicazioni Cuf solo nel 22% dei casi. E la «nota 79» con la «9» (un principio attivo utilizzato in analogia all'acido acetilsalicilico nella terapia di alcune patologie vascolari) e la «55» (antibiotici iniettabili) raggiungono da sole il 61% delle prescrizioni indicate dai generalisti come causa di maggiore «sensazione di prevaricazione» nei loro confronti da parte degli specialisti. I problemi però non finiscono qui. Nel 51% dei casi analizzati, l'indicazione diagnostica dello specialista era incerta o assente e solo nel 42% era chiara. Nel 29% dei casi i generalisti hanno giudicato "razionale" l'argomentazione clinica della prescrizione, ma nel 41% l'hanno ritenuta insufficiente o assente. Solo nel 30% dei casi la scelta del farmaco da parte dello specialista si è basata su chiari dati strumentali. E per evitare giudizi di parte, ad analizzare se le prescrizioni degli specialisti erano "dentro" o "fuori" i paletti indicati dalla Cuf, è stata, in base a precisi criteri prestabiliti, una task force di farmacisti ospedalieri dell'Asl 20 di Verona. Con il risultato che, tra "fuori nota" e "dubbie", circa il 75-80% delle prescrizioni degli specialisti sono risultate in difetto. Ma il punto dolente è nella comunicazione all'assistito. Nel 71% dei casi lo specialista non ha detto nulla al paziente sulle difficoltà di prescrizione dei farmaci con nota; il 14% ha espresso un suo punto di vista (non sempre fedele alla realtà) sulla mutuabilità del farmaco e solo nell'11% dei casi le prescrizioni contenevano informazioni precise. Ciò che è peggio, sottolinea l'indagine, è che gli specialisti pubblici, quelli degli ospedali e delle Asl, invece di conoscere a fondo le regole del Ssn si comportano come i loro colleghi privati. Con conseguenze sulla spesa e per i colleghi generalisti che si possono facilmente immaginare.