Il sole 24 ore del 21 gennaio 2002
Secondo un'indagine condotta dai generalisti a
Verona e a Bari, due prescrizioni su tre non rispettano le note al risparmio
della Cuf. |
Due ricette su tre di
farmaci prescritti dai medici specialisti non rispettano le note limitative
della Cuf (Commissione unica del farmaco). Quelle che consentono di erogare
un medicinale a carico del Ssn - di solito i più nuovi e costosi - ma solo
per determinate patologie ben definite. Intanto la spesa farmaceutica cresce.
Ma a dover dare conto di tanta generosità sia al Ssn che ai pazienti sono i
detentori della «ricetta rosa», la sola che il Ssn rimborsa: i medici di
medicina generale. Che dovendo trascrivere sul ricettario del Ssn le medicine
indicate dai loro colleghi, si trovano tra l'incudine dei diktat delle Asl di
risparmiare e il martello dei pazienti che invece pretendono le cure gratis.
Un circuito perverso, anche perché medici di famiglia e specialisti sono vasi
tra loro non comunicanti: manca il dialogo e, con buona pace della privacy,
le ricette arrivano spesso sui tavoli dei generalisti in busta aperta e con
l'indicazione perentoria del nome commerciale del farmaco da prescrivere.
Medici di famiglia prescrittori per conto terzi, insomma. E alle prese con le
"rognose" spiegazioni da dare ai pazienti, se mai in rispetto delle
«note Cuf» negassero loro un farmaco prescritto dal collega specialista
perché non necessario alla forma patologica del paziente. Una condizione
intorno a cui i medici di base fanno quadrato: non siamo burocrati, è la
parola d'ordine. Né siamo i soli responsabili di una delle variabili
impazzite della spesa, lamentano. Un allarme in piena regola. Dimostrato,
dati alla mano, dai risultati di un'indagine condotta dal principale
sindacato (Fimmg) e dalla società scientifica (Simg) dei generalisti,
prendendo a campione le ricette degli specialisti arrivate sui tavoli dei
generalisti di Verona e Bari. La palma di specialisti più
"indisciplinati" nel rispettare le note Cuf è toccata ai medici di
pronto soccorso, seguiti da neurologi, chirurghi, cardiologi e ortopedici.
Anche se le prescrizioni di questi ultimi sono quelle considerate dai
generalisti le più "imbarazzanti" da trascrivere. Nel mirino la
«nota 79», relativa a farmaci a carico del Ssn per la cura dell'osteoporosi e
che, secondo i medici di famiglia, gli specialisti utilizzano con troppa
facilità, prescrivendo i farmaci anche non in preseneza dei quadri
patologioci previsti dalla Cuf. Una scioltezza dimostrata dai dati: gli
ortopedici restano infatti negli argini delle indicazioni Cuf solo nel 22%
dei casi. E la «nota 79» con la «9» (un principio attivo utilizzato in
analogia all'acido acetilsalicilico nella terapia di alcune patologie
vascolari) e la «55» (antibiotici iniettabili) raggiungono da sole il 61%
delle prescrizioni indicate dai generalisti come causa di maggiore
«sensazione di prevaricazione» nei loro confronti da parte degli specialisti.
I problemi però non finiscono qui. Nel 51% dei casi analizzati, l'indicazione
diagnostica dello specialista era incerta o assente e solo nel 42% era
chiara. Nel 29% dei casi i generalisti hanno giudicato "razionale"
l'argomentazione clinica della prescrizione, ma nel 41% l'hanno ritenuta
insufficiente o assente. Solo nel 30% dei casi la scelta del farmaco da parte
dello specialista si è basata su chiari dati strumentali. E per evitare
giudizi di parte, ad analizzare se le prescrizioni degli specialisti erano
"dentro" o "fuori" i paletti indicati dalla Cuf, è stata,
in base a precisi criteri prestabiliti, una task force di farmacisti
ospedalieri dell'Asl 20 di Verona. Con il risultato che, tra "fuori
nota" e "dubbie", circa il 75-80% delle prescrizioni degli
specialisti sono risultate in difetto. Ma il punto dolente è nella
comunicazione all'assistito. Nel 71% dei casi lo specialista non ha detto
nulla al paziente sulle difficoltà di prescrizione dei farmaci con nota; il
14% ha espresso un suo punto di vista (non sempre fedele alla realtà) sulla
mutuabilità del farmaco e solo nell'11% dei casi le prescrizioni contenevano
informazioni precise. Ciò che è peggio, sottolinea l'indagine, è che gli
specialisti pubblici, quelli degli ospedali e delle Asl, invece di conoscere
a fondo le regole del Ssn si comportano come i loro colleghi privati. Con
conseguenze sulla spesa e per i colleghi generalisti che si possono
facilmente immaginare. |