L’analisi degli studi epidemiologici pubblicati nel corso degli anni ha permesso di escludere l’associazione tra vaccini e un gran numero di patologie per cui, in tempi diversi, era stata ipotizzata tra le possibili cause anche la vaccinazione. In questo documento vengono analizzati per esteso gli studi che hanno permesso di escludere rapporti causa/effetto tra:

 

 

 

 

 

 

Viene inoltre trattato il ruolo dell’HLA nelle procedure vaccinali, le modalità con cui si valuta la sicurezza biologica dei vaccini (e il monitoraggio degli eventi avversi)  e una breve sintesi sui meccanismi di funzionamento del sistema immunitario del neonato in risposta alle più comuni asserzioni che i gruppi antivaccinatori erroneamente, riportano. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Morbo di Chron e vaccinazione antimorbillo.

 

Il morbo di Chron è una malattia diffusa e in aumento nei paesi occidentali che colpisce soprattutto i giovani ed i soggetti di mezza età.

Si tratta di una malattia infiammatoria che può interessare tutto l’intestino causando ulcere ed infiammazione cronica ed è caratterizzato, nella maggior parte dei soggetti, da diarrea cronica, perdite di sangue con le feci e dolori addominali. La sua causa è tuttora sconosciuta.

Nel 1997 gli studi di alcuni autori, in particolare A. Wakefield, hanno ricercato le cause al di fuori del lume intestinale ipotizzando una correlazione tra l’infezione del virus del morbillo e il morbo di Chron. In questi studi si ipotizza che le lesioni della parete intestinale sarebbero causate da microocclusioni delle arteriole della parete dovute a localizzazioni del virus. I conseguenti microinfarti danneggerebbero la mucosa intestinale che, non più integra, permetterebbe il passaggio dei contenuti tossici in profondità nella parete intestinale con ulteriori danni di parete (Wakefield 1995, Mazure 1994, Ekbom 1994, Smith 1993, Wakefield 1997).

 

In particolare, Wakefield aveva ipotizzato un aumento dell’incidenza di morbo di Chron in associazione con la vaccinazione anti-morbillosa (Thompson 1995) avanzando anche l’ipotesi che le alterazioni osservate in un esiguo numero di pazienti affetti da autismo fossero causate dal vaccino MPR e determinassero, in questi soggetti, l’insorgenza di regressione mentale (fino all’autismo, Wakefield 1998)). Tale ipotesi è stata sin  da principio violentemente contestata (corrispondenza su Lancet 1998) e non ha trovato alcun sostegno da parte di altri autori, sino a venir completamente smentita da un gran numero di studi successivi (per una esaustiva trattazione dell’argomento si riporta più avanti nel capitolo “AUTISMO E MPR, IL PERCORSO DI UNA ASSOLUZIONE COMPLETA DA UNA FALSA ACCUSA ATTRAVERSO LE NEWSLETTER DEL NIV”).

Già in due successivi studi (Thompson 1996, Metcalf 1998) l’associazione tra infezione morbillosa e morbo di Chron è stata contestata ed è stato possibile evidenziare l’assenza di legame causa-effetto nell’insorgenza della patologia; Un importante studio (Peltola 1998) condotto su 31 milioni di bambini finlandesi vaccinati con MPR a partire dal 1982 fino al 1996, sui quali è stata condotta la sorveglianza degli eventi avversi, conclude che nessun bambino ha sviluppato né patologia di tipo artistico, né malattia infiammatoria intestinale.

Ad analoghe conclusioni è giunto lo studio di Feeney (Feeney 1997) così come un successivo studio retrospettivo del 2000 presentato all’ICAAC di Toronto.

Gli studi in cui veniva evidenziata la mancanza di rapporti tra vaccino e insorgenza di malattia infiammatoria intestinale si sono susseguiti (esempi sono una revisione critica degli studi pubblicati ad opera di Davis 2001 e, più di recente, Seagroatt 2003); è degno di nota che è stato lo stesso Wakefield (quale coautore dell’articolo di Morris 2000) a pubblicare un recente lavoro in cui viene dimostrato che il vaccino contro il morbillo non risulta associato all’insorgenza di malattia infiammatoria intestinale entro i 26 anni di età, in contrasto con risultati da lui stesso pubblicati negli anni precedenti.

 

Bibliografia

 

 

Autismo e MPR il percorso di una assoluzione completa da una falsa accusa attraverso le Newsletter del NIV

 

Newsletter n° 120 del 26 marzo 2004  Autismo e MPR il percorso di una assoluzione completa da una falsa accusa attraverso le Newsletter del NIV

 

Pubblichiamo  un documento che riassume in modo ordinato le Newsletter del NIV che in questi anni hanno permesso di seguire la soluzione del problema dell’associazione del vaccino MPR con l’autismo. La sequenza degli eventi che, si intreccia con i conflitti di interesse di uno degli autori,  è emblematica di come ipotesi deboli continuino a trovare spazio anche in presenza di prove contrarie creando, con il discredito di una vaccinazione importante,  gravi danni alla salute dei bambini.

 

1998 - 1° articolo di Wakefield et al. Lancet.

Il vaccino MPR causa infiammazione intestinale con aumento della permeabilità e il passaggio di sostanze tossiche che causano l’autismo. 12 bambini (8 con autismo) lamentavano disturbi gastrointestinali e svilupparono autismo entro 1 mese dalla vaccinazione con MPR.(Newsletter 26)

 

1998 – 2002 - Numerosi articoli che escludono l’associazione tra autismo e MPR. (Newsletter n° 6, 14, 26, 40, 50)

 

2002. 2° articolo di Wakefield

Il genoma era presente in biopsie intestinali di 75 bambini con autismo su 90 e solo in 5 su 70 controlli.(Newsletter 26)

 

Aprile 2002. Wakefiled inizia un giro di conferenze per diffondere la sua idea sulla relazione tra MPR e autismo

 

Aprile 2002.Paul Offit Direttore del Vaccine Education Center del Children's Hospital di Philadelphia in occasione di questo tour di Wakefiled  pubblica un articolo che evidenzia i punti deboli dei lavori di Wakefiled e le prove emerse contro una associazione tra autismo e MPR. Fa inoltre il punto sulle vere cause dell’autismo perché tutti gli studi concordano con l’ipotesi che l'autismo sia una malattia che insorge precocemente durante lo sviluppo prenatale del sistema nervoso centrale. Quindi le cause agiscono prima della nascita del bambino. (Newsletter n. 26)

 

2003 – 2004 Altri studi che escludono l’associazione tra autismo e MPR (Newsletter 79, 85, 86, 91)

 

Luglio 2003. Kuman effettua una revisione dei 19 studi epidemiologici disponibili nessuna associazione tra MPR e disturbi autistici (Newsletter n°85)

 

1 Novembre 2003. Murch uno degli autori del primo articolo su Lancet.  Assolutamente nessuna associazione tra autismo e vaccino MPR; sono stati condotti tanti studi epidemiologici , nessuno dei quali ha fatto emergere relazioni causali. Nessun altro vaccino è stato studiato più approfonditamente e le prove scientifiche per la sicurezza sono esaurienti. (Newsletter n° 101)

 

22 febbraio 2004. Un'inchiesta del Sunday Times che sollevava dubbi sulla ricerca dal punto di vista etico fa  emergere il conflitto di interesse del dr. Wakefiled che aveva omesso di rivelare che stava conducendo anche un' altra indagine. La seconda indagine era stata commissionata da alcuni avvocati che intendevano intentare una causa legale sui danni da vaccino. (Newsletter n° 117)

 

28 febbraio 2004 . Il redattore capo di Lancet dichiara che non avrebbe pubblicato l’articolo se avesse saputo che il dr. Wakefiled aveva un contratto (81.800 euro) per condurre un test su dieci bambini per conto di un gruppo di avvocati che intendevano condurre azioni legali contro le ditte produttrici di vaccini. (Newsletter n° 117)

 

28 febbraio  2004. Il Professor Liam Donaldson, capo degli ufficiali medici dell'Inghilterra, dichiarò alla radio della BBC che la ricerca del Dr. Wakefield aveva provocato una perdita di fiducia in un vaccino che aveva salvato le vite di milioni di bambini. Aggiunse inoltre "Abbiamo sempre pensato che lo studio del Dr. Wakefield era povero dal punto di vista scientifico e non eravamo i soli a pensarlo. Lo studio è stato criticato da singoli esperti ed equipe mediche di tutto il mondo." (Newsletter n° 117)

 

Marzo 2004. Lancet ha pubblicato la smentita delle interpretazioni dello studio di Andrew Wakefield e colleghi del febbraio 1998, che ha suscitato molte preoccupazioni per l'ipotesi di un'associazione tra vaccino MPR e autismo. Ora 10 dei 12 autori (all'appello manca solo Wakefield ed un'altro autore) hanno firmato una dichiarazione in cui ritirano le conclusioni del loro lavoro del 1998. “Vorremmo fare chiarezza sul fatto che nello studio non è stata determinata nessuna associazione causale tra il vaccino MPR e l'autismo, per la mancanza di dati. Tuttavia la possibilità di una tale associazione è stata sollevata. Gli eventi successivi alla pubblicazione del lavoro hanno provocato importanti conseguenze sulla salute pubblica. Pertanto siamo dell'opinione che ora sia venuto il momento di ritirare collettivamente e in modo formale le interpretazioni dei risultati dello studio.” (Newsletter n° 118

 

 

Newsletter n. 6 del 4 gennaio 2001 Autismo e vaccino MPR

 

Il bolletino epidemiologico Eurosurveillance segnala i risultati del Medical Research Council (MRC), una istituzione indipentente di ricerca del Regno Unito.Il "Review sulla ricerca dell'autismo" del MRC commissionato dal Ministero della Sanità brittannico nel marzo del 2001 è ora stato terminato ed è disponibile presso il sito del ministero Il review è stato condotto prendendo in considerazione la gamma più vasta possibile di cause di autismo, per verificare un ipotetico aumento dell'autismo e sindromi correlate (Autism spectrum disorders, ASDs) e per identificare le priorità di ricerca.Il dibattito pubblico sull'autismo è stato centrato finora soprattutto sull'ipotesi non provata di un'associazione del vaccono contro morbillo, parotite e rosolia (MPR) a malattie del tratto intestinale e all'autismo. Il MRC ha incluso tutte le ipotesi possibili nel suo review.Le ASDs che comprendono l'autismo e la sindrome di Asperger colpiscono più persone rispetto al passato, circa 60 per 10.000 bambini di età inferiore a 8 anni. La maggior parte dei ricercatori sostiene che le ASDs hanno diverse cause e che esiste sicuramente una componente genetica, anche se rimane oscura l'estensione di questa componente. Interazioni tra la suscettibilità individuale e fattori ambientali hanno probabilmente un ruolo centrale, ma non si sa ancora niente sulla natura di queste interazioni. Per quanto riguarda il vaccino MPR, gli autori del review affermano che le prove attualmente a disposizione suggeriscono che non ci sia nessun legame tra il vaccino MPR e le ASDs a conferma di risultati a cui sono giunti anche altri gruppi di esperti.

Veronique Gibbons, Eurosurveillance Weekly, Volume 5, issue 51,20.12.2001

 

Newsletter n° 14 del 1 marzo 2002 Recenti sviluppi nel dibattito autismo-MPR

La redazione del Lancet apre l'editoriale del 23.2.2002 (1) con seguente presa di posizione:
"Il vaccino contro morbillo, rosolia e pertosse è sicuro? La risposta, basata sulla totalità delle prove epidemiologiche accumulate finora, è sì con accettabile grado di sicurezza.l’ultima ricerca epidemiologica sull’argomento è stata pubblicata dal  BMJ e aveva come oggetto di studio sia l'autismo che l'autismo atipico. Sono stati studiati 278 bambini con autismo e 195 con la forma atipica. Gli autori concludono affermando di non aver trovata nessuna associazione del vaccino e la forma atipica e di aver raccolto ulteriori prove contro una associazione con la forma classica.

Secondo Lancet e BMJ questa conclusione è valida anche tenendo conto della nuova ricerca di un gruppo di studiosi di Dublino (4) guidati da Prof John O'Leary, pubblicata per ora solo in versione on line du Miscellanea Pathology (è prevista la pubblicazione ufficiale per aprile).

In questo studio i ricercatori hanno trovato frammenti del genoma del virus del morbillo in 75 su 91 bambini con iperplasia nodulare linfoide dell'ileo, enterocolite e disturbi dello sviluppo e, per contro, soltanto 5 su 70 controlli sono risultati positivi. Ma come viene evidenziato anche da un comunicato stampa rilasciata da "Molecular Pathology", oltre che dall'editoriale di "Lancet", questi risultati non chiamano in causa il vaccino MPR visto che non sono stati presentati dati sulla natura dei ceppi presenti (vaccinali o selvaggi).

Dr Andrew Wakefield, coautore della prima ricerca allarmante sul vaccino MPR pubblicato su "Lancet" nel 1998 e ,tuttora fautore del nesso causale tra vaccino e autismo, precisa che anche se nulla si sa sul ceppo associato con i disturbi, sembra che nessuno di questi bambini abbia mai avuto il morbillo, per cui l'unico ceppo a cui sono stati verosimilmente stati esposti, secondo Wakefield, e quello vaccinale (2). Non dello stesso parere è Prof.John Walker Smith, senior author della stessa ricerca di Wakefield del 1998. John Walker Smith ha deciso di rompere il suo silenzio e pubblicamente sostenere il vaccino. Nella sua lettera a Lancet difende il suo punto di vista di uomo di scienza, ma dichiara anche l'estremo disagio che prova per il fatto di essere associato a delle ricerche che hanno diminuito le coperture vaccinali provocando pesanti ripercussioni sulla salute dei bambini. Sottolinea la sua convinta adesione al vaccino MPR con cui sono stati immunizzati anche 3 dei suoi nipotini.

L'editoriale del "Lancet" dal titolo "E' ora di andare oltre il MPR nella ricerca sull'autismo, si conclude con un appello alla comunità scientifica ad impegnarsi per affrontare la complessità che caratterizza questo disturbo dello sviluppo del bambino.

1Time to look beyond MMR in autism research,editorial, Lancet, Vol.359, 9307, 23.2.2002.

2. Lynn Eaton, New research on autism and measels "proves nothing", BMJ 2002; 324 (7333):315a

3. John Walker Smith,Autism, bowel inflammation, and measels Lancet, Vol.359, 9307, 23.2.2002.

4. Uhlman V., et al.,Potential viral pathogenetic mechanism for new variant inflammatori bowel desease Molecular Pathology on-line (accessed 28.2.2002)

5. Brent Taylor, MMR vaccination and bowel problems or developmental regression in children with autism: population study. BMJ 2002; 324:393-396 (16 february)

 

News letter n° 26 del 24 maggio 2002

 

Il 5 aprile 2002 la newsletter del Vaccine Education Center del Children's Hospital di Philadelphia ha pubblicato un articolo del Direttore del Centro, Paul Offit, in relazione al tour di conferenze che il principale fautore della correlazione tra MPR e autismo, Andrei Wakefield, sta per svolgere negli USA.

L'articolo di Offit riassume, evidenziandone i punti deboli, i risultati degli studi di Wakefield pubblicati nel 1998 e nel 2001, dove si ipotizza che il vaccino MPR, causando un'infiammazione intestinale, faciliti il passaggio di sostanze tossiche per l'encefalo in circolo ed il conseguente

sviluppo di autismo.

Questa ipotesi è poi confrontata con 4 studi che la confutano questa principalmente in base all'assenza di differenze nell'incidenza di autismo e nell'età di esordio della malatttia tra bambini vaccinati e non vaccinati,alla mancanza di correlazione tra l'aumento dell'incidenza dell'autismo e il

tasso di copertura vaccinale, alla mancanza di cambiamenti nel numero di casi di autismo con sintomatologia intestinale prima e dopo l'introduzione della vaccinazione MPR.

Infine sono esposti i risultati di alcuni studi su altre possibili cause dell'autismo, che suggeriscono con forza l'ipotesi che questa malattia insorga durante lo sviluppo intrauterino del sistema nervoso centrale.

Vaccinazioni e autismo

Andrew Wakefield sta per cominciare il giro di conferenze per promuovere la sua idea che il vaccino MPR possa causare l'autismo. La copertura mediatica data a questo avvenimento può aumentare le preoccupazioni dei genitori nei confronti di questa vaccinazione, portandoli a chiedere chiarimenti sulla questione. Questo articolo, che da un sommario degli studi che supportano l'ipotesi di una relazione tra autismo e MPR, di quelli che rifiutano tale ipotesi e degli studi su altre possibili cause dell'autismo, può essere una risorsa per chiarire i loro dubbi.

 

1. Gli studi che ipotizzano che l'MPR causi l'autismo

Il primo articolo di Wakefield (1)

Nel 1998 Wakefield e colleghi pubblicarono un articolo su Lancet intitolato "Iperplasia linfonodulare ileale, coliti non specifiche edisturbi pervasivi del comportamento nei bambini". La loro ipotesi era che il vaccino MPR causasse una serie di eventi comprendenti l'infiammazione intestinale con relativo aumento di permeabilità della barriera intestinale, il passaggio di sostanze tossiche per l'encefalo in circolo ed il conseguente sviluppo di autismo. In supporto a tale ipotesi, erano descritti 12 bambini con ritardo dello sviluppo mentale (8 con autismo).

Tutti questi bambini lamentavano disturbi gastrointestinali e svilupparono l'autismo entro 1 mese dalla vaccinazione con MPR

Punti deboli

Circa il 90% dei bambini in Gran Bretagna ricevevano l'MPR quando questo articolo fu scritto e dal momento che il vaccino era somministrato nello stesso periodo di vita in cui l'autismo è diagnosticato, era da aspettarsi che la maggior parte dei bambini autistici sarebbero stati vaccinati con MPR e molti di essi recentemente. Comunque la cosa migliore per determinare se l'MPR causi l'autismo è confrontare l'incidenza di questa malattia nei bambini vaccinati ed in quelli non vaccinati. Questo non era stato fatto. Sebbene gli autori dichiarino che l'autismo sia una conseguenza dell'infiammazione gastrointestinale, in tutti gli 8 casi i sintomi gastrointestinali sono stati osservati dopo e non prima dei sintomi di autismo.

Si sosteneva che i bambini autistici avevano bassi livelli di IgA, ma tali livelli erano entro i limiti di norma per quell'età.

L'iperplasia linfonodulare intestinale è considerata (come le tonsilleipertrofiche nei bambini piccoli) una variante normale.

Il secondo articolo di Wakefield (2)

Nel 2002 Wakefield ed i suoi collaboratori hanno pubblicato un secondo articolo che esaminava la relazione tra il virus del morbillo e l'autismo. In questo studio viene ricercata la presenza di genoma di virus del morbillo in campioni tratti da biopsie intestinali prelevate da bambini artistici e non. I metodi utilizzati sono la RT-PCR (reverse-transcriptase polymerase chain reaction) e l'ibridizzazione in situ. Il genoma del virus del morbillo era presente in 75 bambini autistici su 90 e solo in 5 su 70 controlli.

Punti deboli

Il virus vaccino del morbillo è vivo e attenuato. Dopo la somministrazione replica circa 15 - 20 volte ed è probabilmente catturato da specifiche cellule responsabili della sua "presentazione" al sistema immunitario (le APC o antigen presenting cells). Macrofagi, linfociti B e cellule dendritiche sono differenti tipi di APC; tutte queste cellule sono mobili e si trovano ovunque nell'organismo, anche nell'intestino. E' quindi plausibile che in bambini vaccinati si trovi il genoma del virus del morbillo nel tessuto intestinale quando questo viene cercato con un metodo molto sensibile come l'RT-PCR. Per determinare se l'autismo sia associato alla vaccinazione MPR si dovrebbe determinare se tale rinvenimento è specifico dei bambini autistici, perciò casi e controlli devono essere appaiabili per due variabili: 1) il loro stato vaccinale e 2) il tempo trascorso tra la vaccinazione e la biopsia. Sebbene queste informazioni fossero disponibili e critiche per la loro ipotesi, gli Autori le hanno specificamente omesse dall'articolo.

Dal momento che il virus del morbillo è ancora circolante in Inghilterra, sarebbe stato importante conoscere se il genoma trovato corrispondeva al virus selvaggio o a quello vaccinale. Nonostante i primer per distinguere questi due tipi virali siano disponibili, gli autori hanno scelto di non usarli.

La RT-PCR è un test molto sensibile. I laboratori che lavorano col virus naturale del morbillo (come quello in cui lo studio è stato effettuato) hanno un alto rischio di dare falsi positivi. Non viene spiegato come sia stato risolto questo problema.

Non è infine dichiarato se sia stata usata qualche forma di "cecità" nello studio.

2. Gli studi che rifiutano l'ipotesi che l'MPR causi l'autismo

Il primo articolo di Taylor

Taylor B. et al. Autism and measles, mumps and rubella vaccine : no epidemiological evidence for a causal association. Lancet 353:2026-2029, 1999

Nel 1999, Brent Taylor e i suoi collaboratori hanno esaminato la correlazione tra somministrazione di MPR e autismo. Taylor ha esaminato i dati di 498 bambini con autismo o disordini simili. I casi erano identificati tramite il registro della regione North thames prima e dopo l'introduzione del vaccino MPR nel 1988. Taylor ha esaminato l'incidenza e l'età di diagnosi di autismo nei vaccinati e nei non vaccinati trovando che:

1) la percentuale di bambini vaccinati era la stessa sia negli autistici che nei non autistici

2) non c'erano differenze nell'età di diagnosi tra vaccinati e non vaccinati

3) la comparsa dei sintomi "regressivi" dell'autismo non avveniva entro 2, 4 o 6 mesi dall'aver ricevuto il vaccino.

Lo studio su JAMA

Dales, L., et al. Time trends in autism and in MMR immunization coverage in California. JAMA 285:1183-1185, 2001.

In questo studio è esaminata la relazione tra l'aumentato numero di casi di autismo in California e la somministrazione del vaccino MPR. La percentuale di bambini immunizzati nel periodo 1980-94 è stata confrontata con l'incidenza dell'autismo nel medesimo periodo:

nonostante il grande incremento di quest'ultima, la percentuale di bambini vaccinati era rimasta uguale

Lo studio su BMJ

Kaye, J.A., et al. Mumps, measles, and rubella vaccine and then incidence of autism recorded by general practitioners: a time trend analysis. Brit Med J 322:460-463, 2001.

In questo articolo che supporta quanto riscontrato nello studio precedente viene correlata la copertura vaccinale per MPR e l'incidenza di autismo in Inghilterra nel periodo 1988-93: anche in questo caso l'incidenza dell'autismo cresce senza che vi siano variazioni nella

percentuale di bambini vaccinati

Il secondo articolo di Taylor

Taylor, B., et al. Measles, mumps, and rubella vaccination and bowel problems or developmental regression in children with autism: population study. Brit Med J 324:393-396, 2002.

In questo secondo studio Taylor esamina la relazione tra MPR e la cosiddetta "nuova variante di autismo" descritta da Wakefield, cioè l'autismo associato ad infiammazione intestinale. Sono indagati i bambini con autismo diagnosticato tra il 1979 e il 1998, comparando il numero di bambini con autismo e sintomatologia gastrointestinale prima del 1988 e dopo il 1988 (anno di introduzione della vaccinazione MPR in Inghilterra). Nessuna differenza è stata riscontrata.

3. Studi sull'etiologia dell'autismo

Basi genetiche dell'autismo (7,8)

Uno dei modi migliori per valutare se una malattia possa essere di origine genetica è studiare la sua incidenza nei gemelli. Usando una definizione restrittiva dell'autismo, quando questa malattia era presente in un gemello, ne era affetto anche il 60% dei gemelli monozigoti e lo 0% degli eterozigoti. Con una definizione più larga queste percentuali salivano al 92% negli omozigoti e al 10% negli eterozigoti. Ciò indica con chiarezza che l'autismo ha basi genetiche.

Età di sviluppo dell'autismo

I sintomi dell'autismo sono presenti prima dell'anno di età (9-13)

Forse i dati migliori sul momento in cui si manifestano i primi sintomi dell'autismo provengono dagli studi sulle pellicole filmate dai genitori durante il primo compleanno del bambino (quindi prima di ricevere l'MPR). "Video" di bambini a cui era stato successivamente diagnosticato l'autismo e di bambini sani sono stati mostrati in "cieco" a specialisti dello sviluppo comportamentale, che sono stati in grado di diagnosticare con grande accuratezza quali dei bambini fossero autistici e quali no. Questi studi mostrano come sottili sintomi di autismo siano presenti prima che i genitori lo sospettino e che ricevere il vaccino MPR non precede la comparsa della malattia.

I sintomi dell'autismo sono presenti prima dei 4 mesi di età (14)

Altri investigatori hanno esteso lo studio dei "video" ai bambini di 2-3 mesi di età . Usando un sofisticato sistema di analisi del movimento i filmati sono stati codificati e poi valutati per la loro capacità predittiva per l'autismo. Secondo questo studio la diagnosi di autismo, per i bambini diagnosticati poi come autistici, poteva essere fatta anche in base ai filmati presi nella loro prima infanzia. Si sostiene quindi che sintomi molto lievi di autismo siano già presenti molto precocemente e ciò contrasta fortemente con l'ipotesi che l'MPR possa causare questa malattia.

Evidenze che l'autismo si manifesta nella vita intrauterina.

Insulti tossici o virali durante la vita intrauterina e certi disturbi del sistema nervoso centrale sono associati ad un aumento dell'incidenza dell'autismo. Per esempio, i bambini esposti al talidomide durante il primo e l'inizio del secondo trimestre di gravidanza hanno mostrato un aumento dell'incidenza dell'autismo (15), che colpiva i bambini con anomalie delle orecchie, ma non di braccia o gambe. Il periodo di rischio per l'autismo in seguito a esposizione a talidomide si deve quindi collocare prima della 24a settimana, periodo di sviluppo degli arti. In supporto a tali ritrovamenti sono state evidenziate nei bambini autistici anomalie strutturali del tronco cerebrale (16), le quali possono essersi sviluppate solo durante lo sviluppo nell'utero.

Anche i bambini colpiti da rosolia congenita sono a maggior rischio di autismo , al contrario di quelli che contraggono la malattia dopo la nascita(17-23). Infine, malattie genetiche come la sclerosi tuberosa e la sindrome del cromosoma X fragile sono correlate ad una maggior incidenza di autismo. Tutte queste informazioni depongono per l'ipotesi che l'autismo sia dovuto ad anomalie del sistema nervoso centrale insorte durante la vita intrauterina.

RIASSUMENDO

Studi riguardanti

1) le basi genetiche dell'autismo;

2) il tempo di insorgenza dei sintomi della malattia;

3) la relazione tra autismo e vaccinazione MPR;

4) l'istopatologia del sistema nervoso centrale di bambini autistici;

5) talidomide, rosolia congenita, sindrome dell'X fragile,sclerosi tuberosa, concordano tutti con il fatto che l'autismo sia una malattia che insorge precocemente durante lo sviluppo prenatale del sistema nervoso centrale.

BIBLIOGRAFIA

1. Wakefield, A.J., et al.Ileal-lymphoid-nodular hyperplasia, non-specific colitis, and pervasive developmental disorder in children Lancet 351: 637-641,1998.

2. Uhlmann, V., et al. Potential viral pathogenic mechanism for new variant inflammatory bowel disease. Journal of Clinical Pathology:

Molecular Pathology 55:1-6, 2002.

3. Taylor, B., et al. Autism and measles, mumps, and rubella vaccine: no epidemiological evidence for a causal association. Lancet 353:2026-2029, 1999.

4. Dales, L., et al. Time trends in autism and in MMR immunization coverage in California. JAMA 285:1183-1185, 2001.

5. Kaye, J.A., et al. Mumps, measles, and rubella vaccine and the incidence of autism recorded by general practitioners: a time trend analysis. Brit Med J 322:460-463, 2001.

6. Taylor, B., et al. Abstract Measles, mumps, and rubella vaccination and bowel problems or developmental regression in children with autism: population study. Brit Med J 324:393-396, 2002.

7. Bailey, A., et al. Autism as a strongly genetic disorder: evidence from a British twin study. Psychol Med 25:63-77, 1995.

8. Folstein, S., et al. Infantile autism: a genetic study of 21 twin pairs. J Child Psychol Psychiatry 18:297-321, 1977.

9. Adrien, J., et al. Blind ratings of early symptoms of autism based upon family home movies. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 32:617-626, 1993.

10. Adrien, J., et al. Early symptoms in autism from family home movies: evaluation and comparison between 1st and 2nd year of life using I.B.S.E. scale. Acta Paedopsychiatrica 55:71-75, 1992.

11. Adrien, J., et al. Autism and family home movies: preliminary findings. J Autism Devel Disorders 21:43-49, 1991.

12. Osterling, J., et al. Early recognition of children with autism: a study of first birthday home videotapes. J Autism Devel Disorders 24:247-257, 1994.

13. Mars, A.E., et al. Symptoms of pervasive developmental disorders as observed in prediagnostic home videos of infants and toddlers. J Pediatr 132:500-504, 1998.

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15. Stromland, K., et al. Autism in thalidomide embropathy: a population study. In Devel Med Child Neurol 36:351-356, 1994.

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18. Feldman, R.B., L. Pinsky, J. Mendelson, and R. Lajoie. Can language disorder not due to peripheral deafness be an isolated expression of prenatal rubella? Pediatrics 52:296-299, 1973.

19. Swisher, C.N., and L. Swisher. Congenital rubella and autistic behavior. N Engl J Med 293:198, 1975.

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23. Chess, S. Autism in children with congenital rubella. J Autism Child Schizo 1:33-47, 1971.

 

 

News letter n° 40 del 3 agosto 2002 Gli esperti mettono in dubbio l'ultima ricerca su MPR e autismo

Un recente studio statunitense che suggerisce una relazione tra la vaccinazione antimorbillo-parotite-rosolia (MPR) e l'autismo nei bambini potrebbe rinfocolare il dibattito sulla vaccinazione MPR in Inghilterra.

La ricerca che è stata condotta da Vijendra Singh, professore di immunologia presso l'università di Utah e che ha trovato ampio spazio il 9 agosto sul Daily Mail e altri media, ha incontrato però una fredda risposta da parte della maggior parte degli esperti inglesi.

I ricercatori hanno analizzato dei campioni di sangue di 125 bambini artistici e 92 controlli, trovando un insolito livello di anticorpi anti MPR nel siero dei bambini autistici ma non nei controlli. Gli autori suggeriscono che un'inappropriata risposta anticorpale al vaccino MPR potrebbe essere messa in relazione con patogenesi dell'autismo (l'abstract dell'articolo in questione è riportato nella successiva notizia di questa newsletter).

Il dottor Mary Ramsay, epidemiologo al laboratorio di sanità pubblica a Londra, dichiara: "Noi abbiamo delle obiezioni sulla metodica utilizzata per lo studio. Trovo che usare il vaccino come un antigene combinato sia una tecnica insolita. La tecnica riconosciuta internazionalmente è quella di osservare gli anticorpi singolarmente."

L'articolo del Dott. Singh spiega le ragioni della scelta di questa metodica: " Gli anticorpi anti MMR saranno un indicatore reale della sieroconversione per questo triplo o polivalente vaccino, al posto degli anticorpi per le proteine virali del morbillo, parotite e rosolia usati singolarmente per la misurazione della sierologia virale nella pratica routinaria."

Il dott. Ramsay aggiunge: "Gli autori riportano che i sieri dei bambini autistici reagiscono ad una particolare componente del vaccino . L'evidenza che questa componente sia un particolare antigene del virus del morbillo non è attendibile. Innanzitutto, la proteina virale nel vaccino non è sufficente per far virare positivamente il test usato dagli autori. In secondo luogo essi non erano in grado di individuare il principale antigene del virus del morbillo (NP) mentre a quanto pare ne individuavano un altro (HA). Questo non regge. Se c'è una sufficiente quantità di virus da essere individuato, allora dovrebbero essere presenti entrambi gli antigeni."

Il dott. David Elliman, consulente al Sant Gorge Hospital a Londra, dice: "Ciò che mi preoccupa è la implicita assunzione di causalità. Non penso che questo studio contribuisca a portare avanti il dibattito."

Questa primavera, nel Regno Unito si sono verificati 126 casi di morbillo, nell'ultimo quadrimestre del 2001 i casi erano 32.

Il dott. Singh si è rifiutato di commentare questi dati.

Owen DyerExperts question latest MMR research British Medical Journal 2002; 325:354 (17 August)

 

 

50 Newsletter del 8 novembre 2002 Vaccino MPR e disturbi neurologici: nessuna associazione in Finlandia

La possibilità di eventi avversi di natura neurologica ha alimentato molte preoccupazioni relative alla sicurezza del vaccino contro morbillo, rosolia e parotite (MPR). I dati disponibili in letteratura sull'argomento sono controversi. Scopo dello studio era di verificare l'ipotesi di una associazione tra vaccinazione, encefalite, meningite asettica e autismo.

A tal fine si è condotto uno studio retrospettivo basato sul linkage dei dati dell'anagrafe vaccinale con quelli delle dimissioni ospedaliere di 535.544 bambini di età compresa tra 1 e 7 anni che erano stati vaccinati tra novembre del 1982 e giugno 1986 in Finlandia. Per quanto riguarda l'encefalite e la meningite è stato confrontato il numero di eventi occorsi entro un intervallo "a rischio" di 3 mesi successivi alla vaccinazione con quello del numero di eventi attesi, ricavato a sua volta dal conteggio degli eventi (encefaliti e meningiti) accaduti nel periodo successivo ai 3 mesi dalla vaccinazione. Inoltre è stato analizzato il numero complessivo di ricoveri per autismo dopo vaccinazione per il periodo considerato. In più sono stati controllati eventuali ricoveri per malattie infiammatorie dell'intestino nei bambini autistici.

Dei 535.544 bambini vaccinati, 199 sono stati ricoverati per encefalite, 161 per meningite asettica e 352 per disturbi autistici. In 9 bambini con encefalite e 10 con meningite l'inizio della malattia cadeva nei tre mesi dopo la vaccinazione, dimostrando l'assenza di un aumento di ricoveri nel periodo considerato a rischio. Non è risultato nessun aumento dei ricoveri per autismo dopo vaccinazione. Nessuno dei bambini autistici era stato ricoverato per disturbi infiammatori dell'intestino.

Conclusioni: Non è stata identificata nessuna associazione tra vaccinazione MPR, encefalite, meningite e autismo.

Makela A., Nuorti JP., Peltola H.Neurologic disorders after Measles-Mumps-Rubella Vaccination Pediatrics; 110 (5): 957-963, november 2002

 

Newsletter n° 50 del 8 novembre 2002. Vaccino MPR e autismo: nessuna associazione in Danimarca

 

Per verificare l'ipotesi che la vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia possa essere causa di autismo è stato condotto uno studio di coorte retrospettivo su tutti i bambini nati in Danimarca dal 1991 al 1998.

Dei 573.303 bambini nella coorte, 440.665 (82%) erano stati vaccinati. A 316 di questi bambini era stato diagnosticato autismo e ad altri 422 disordini correlati all'autismo.

Dopo le correzioni per potenziali fattori di confondimento, il rischio relativo di autismo nel gruppo dei bambini vaccinati rispetto ai non vaccinati era 0.92 (IC 95% 0.68-1.24); il rischio relativo di altri disordini di tipo autistico era 0.83 (IC 95% 0.65-1.07). Non sono state riscontrate associazioni tra lo sviluppo di disordini autistici e l'età al momento della vaccinazione, la data della vaccinazione ed il tempo trascorso dalla vaccinazione.

In conclusione questo studio porta un'ulteriore forte evidenza contro l'ipotesi che la vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia provochi l'autismo.

Kreesten Meldgaard Madsen, M.D., Anders Hviid, M.Sc., Mogens Vestergaard, M.D., Diana Schendel, Ph.D., Jan Wohlfahrt, M.Sc., Poul Thorsen, M.D., Jørn Olsen, M.D., and Mads Melbye, M.D.  A Population-Based Study of Measles, Mumps, and Rubella Vaccination and Autism

The New England Journal of Medicine 347:1477-82, November 7, 2002

 

 

Newsletter n° 79 del 6 giugno 2003: Esperti britannici confutano nuovo studio sul vaccino MMR

Un recente studio pubblicato su International Pediatrics ha analizzato l'incidenza di disordini neurologici severi nei soggetti vaccinati con MMR e in un gruppo di controllo, vaccinato con DTP a cellula intera (periodo in esame: 1994-2000). Nei due gruppi è stata valutata l'incidenza di danno cerebrale permanente, atassia cerebellare, autismo e ritardo mentale occorsi entro 30 giorni dalla vaccinazione.
Fonti dei dati: sistema USA di sorveglianza delle reazioni avverse a vaccino (VAERS) ; stime CDC relative al numero di dosi somministrate e alle coperture vaccinali raggiunte.Sono stati calcolati il rischio relativo e il rischio attribuibile per ciascuna delle patologie indagate. Secondo gli Autori, i vaccinati con MMR, rispetto al gruppo di controllo, mostrerebbero un rischio aumentato di sviluppare una delle patologie in questione.In Gran Bretagna, dove la controversia MMR/autismo dura da tempo, i media hanno subito dato risalto a questa nuova ricerca.

Gli esperti britannici hanno immediatamente confutato i risultati e le conclusioni dello studio; le obiezioni principali sono le seguenti: 1. il VAERS è soggetto alle limitazioni proprie di ogni sistema di sorveglianza passiva, incluso lo stimolo alla notifica determinato dalla maggiore risonanza mediatica di un determinato evento avverso;2. il punto cruciale è l'età dei soggetti: nello studio si confrontano soggetti che si trovano nel 2° anno di vita (vaccinati con MMR) e soggetti che si trovano prevalentemente nel 1° anno (gruppo di controllo DTPw, vaccino somministrato negli USA a 2-4-6 mesi, con richiamo a 15-18 mesi); tale difetto dello studio è sufficiente a spiegare l'apparente eccesso di casi riportati nel gruppo MMR; inoltre la maggior parte delle patologie indagate esordisce clinicamente nel 2° anno di vita;3. c'è un evidente contrasto tra i risultati di questo studio e quelli dei numerosi studi che hanno indagato il rapporto tra MMR e autismo in modo metodologicamente corretto.

L'estensore della presente comunicazione per il NIV ha effettuato una verifica nella banca dati Medline: nella produzione scientifica dei Geier (si tratta di due genetisti, padre e figlio) è ricorrente il tema delle reazioni avverse severe da vaccino e viene probabilmente utilizzata la stessa metodologia nell'indagare eventuali link tra vaccini e patologie (valgano ad es. i seguenti lavori pubblicati dai due autori: Neurodevelopmental disorders after thimerosal-containing vaccines: a brief communication. Exp Biol Med (Maywood). 2003 Jun;228(6):660-4.; Serious neurological conditions following pertussis immunization: an analysis of endotoxin levels, the vaccine adverse events reporting system (VAERS) database and literature review. Pediatr Rehabil. 2002 Jul-Sep;5(3):177-82.; Chronic adverse reactions associated with hepatitis B vaccination. Ann Pharmacother. 2002 Dec;36(12):1970-1). Si tratterebbe quindi di un'ulteriore conferma della tendenza di alcuni autori o gruppi di ricerca a mostrare un approccio ripetitivo, oltre che metodologicamente discutibile, a determinati temi (vedi come es. emblematico il caso Wakefield).

Mark R. Geier, MD, PhD; David A GeierPediatric MMR Vaccination Safety 203 International Pediatrics/Vol. 18/No. 2/2003
Experts find new study by Geier & Geier on MMR and autism to be seriously flawed National Health Service MMR news, 21.5.2003

 

Newsletter n° 85  del 18 luglio 2003  Nessuna associazione tra vaccino MPR e autismo

Al fine di determinare quali siano le prove a favore o contro l'associazione tra autismo (e malattie correlati) e il vaccino MPR (morbillo, parotite, rosolia) è stato condotto un review sistematico di tutti gli studi epidemiologici disponibili sull'argomento nella letteratura biomedica .

Risultati

Uno studio ha valutato la presenza di eventuali differenze nei tassi di autismo in bambini vaccinati e non vaccinati, non trovando nessuna differenza.

Sei studi hanno valutato l'eventuale aumento dell'incidenza dell'autismo con l'aumento della copertura vaccinale MPR, nessuno dei quali ha evidenziato un legame.

Quattro lavori hanno studiato l'eventuale esistenza di un'associazione tra il vaccino MPR e particolari forme e varianti dell'autismo, nessuno dei quali ha trovato associazioni.

Otto studi hanno cercato di valutare associazioni temporali tra la somministrazione del vaccino e la comparsa dell'autismo. Di questi uno ha trovato un aumento delle preoccupazioni dei genitori nei sei mesi successivi alla vaccinazione. Il risultato di tutti gli altri studi hanno evidenziato che non esiste nessun legame tra vaccinazione MPR ed autismo.

Conclusioni

Non si trova nessun studio in letteratura che possa suggerire associazioni tra autismo e vaccinazione MPR; tuttavia sono disponibili solo pochi studi finalizzati ad escludere legami tra vaccino MPR e forme rare di autismo.

Dato il reale rischio connesso con la non-vaccinazione e il rischio del tutto teorico di varianti di autismo è importante continuare a promuovere la vaccinazione MPR.

Kumanan Wilson, Ed Mills, Cory Ross, Jessie McGowan, Alex Jadad

Association of Autistic Spectrum Disorder and the Measles, Mumps, and Rubella Vaccine A Systematic Review of Current Epidemiological Evidence

Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine. 2003;157:628-634

 

Newsletter n° 86 del 27  luglio 2003 :Evidenza di eccessiva crescita cerebrale nel corso del primo anno di vita in bambini con autismo


L'autismo comunemente si rende evidente tra i 2 e i 3 anni di vita e già in questo periodo il cervello appare abnormemente ingrandito. Questo suggerisce agli Autori la possibilità che l'eccessiva crescita cerebrale inizi molto prima della comparsa dei primi sintomi clinici comportamentali.
Gli obbiettivi dello studio erano di determinare se l'abnorme crescita cerebrale precedesse la comparsa dei primi sintomi clinici di autismo ed inoltre se questa eccessiva crescita nel primo anno fosse correlabile con esiti neuroanatomici e clinici nella prima infanzia.Sono stati scelti per lo studio 48 bambini con ASD (Autism Spectrum Disorder) di età compresa tra i 2 e i 5 anni, che avevano eseguito studi di risonanza magnetica. Di questi, 15 (gruppo longitudinale) erano stati indagati in quattro periodi: alla nascita, tra 1 e 2 mesi, tra 3 e 5 mesi e tra 6 e 14 mesi; 28 erano stati misurati solo alla nascita e i rimanenti anche tra i 6 e i 14 mesi.

Confrontando i dati relativi a bambini con crescita normale, la Circonferenza Cranica (C.C) alla nascita nei bambini con autismo risultava significativamente più piccola (P<.001); dopo la nascita, si evidenziava invece un incremento di 1,67 DS e tra i 6 e i 14 mesi la C.C. media raggiungeva l'84° percentile.

La C.C. alla nascita e la sua successiva abnorme crescita tra i 6 e i 14 mesi sono risultate correlabili con il volume della massa cerebellare e cerebrale all'età di 2-5 anni.

Tutti i bambini del gruppo con ASD avevano presentato un eccessivo aumento della C.C. tra i 6 e i 14 mesi (media 2.19, DS 0,98), rispetto a bambini con disordini dello sviluppo psichico non specificato (media 0,58, DS 0,35).Nello studio longitudinale solo il 6% dei bambini con sviluppo nella norma presentavano una traiettoria di crescita accelerata della C.C. (> 2 DS) tra la nascita e i 6 e i 14 mesi, contro il 59% dei bambini con autismo.

In conclusione, secondo gli Autori, i segni clinici comportamentali dell'autismo sembrano essere preceduti da 2 fasi di alterata crescita cerebrale: inizialmente, alla nascita, una riduzione della circonferenza cranica e a seguire un eccessivo incremento tra 1 e 2 mesi e 6 e 14 mesi.L'anomalo ed eccessivo tasso di crescita potrebbe essere utilizzato come un precoce indice di rischio per autismo.

NdR. Le conclusioni degli autori evidenziano come il processo patogenetico che determina l'autismo si accompagna ad anomalie cerebrali già presenti alla nascita. Questo conferma i numerosi studi che hanno tutti escluso una correlazione tra autismo e vaccinazione MPR. La relazione autismo - MPR è un classico esempio di come una patologia che naturalmente si evidenzia ad una certa età della vita (l'autismo a 2-3 anni) venga ascritto ad una vaccinazione senza alcuna evidenza.

Evidence of Brain Overgrowth in the First Year of Life in Autism Eric Courchesne; Ruth Carper; Natacha Akshoomoff JAMA. 2003; 290:337-344.

 

 

Newsletter n° 91 del 29 agosto 2003 L'apparente aumento dell'autismo in Inghilterra si è arrestato

L'apparente aumento di casi di bambini con autismo si è arrestato dopo il picco registrato nel 1992, afferma uno studio britannico pubblicato alla fine di luglio

I risultati dello studio dimostrano che l'aumento di casi potrebbe essere dovuto ad una maggiore attenzione verso tale patologia ed a modifiche dei criteri diagnostici. Il plateau raggiunto rappresenta un'ulteriore prova contro un'associazione con il vaccino morbillo pertosse rosolia (MPR).
Infatti se ci fosse un'associazione con il vaccino il numero dei casi avrebbe dovuto aumentare per tutti gli anni 90 e non raggiungere il plateau registrato a partire dal 1992 (dopo l'aumento registrato dal 1979 al 1992), dato che la vaccinazione è stata introdotta nel 1988, argomenta Brent Taylor della Royal Free and University College Medical School di Londra. "Non c'è stata nessuna associazione tra la vaccinazione e l'apparente aumento di casi di autismo. L'aumento dei casi di autismo ebbe inizio prima dell'aumento della copertura vaccinale".
Lo studio ha fatto emergere inoltre una diminuzione progressiva dell'età alla diagnosi. Secondo Taylor la combinazione tra il raggiungimento del plateau e la diminuzione dell'età alla diagnosi evidenzia la possibilità che l'aumento precedentemente registrato sia da ricondurre non ad un aumento reale di casi, bensì a modifiche dei criteri diagnostici, ad una disponibilità maggiore di diagnosticare tale patologia ed al perfezionamento del sistema di sorveglianza.

Susan Mayor Apparent increase in autism in children has stopped, study shows BMJ, 2003; 327:248 (2 August)

 

Newsletter n. 101  del  7 Novembre 2002  Esperto inglese di autismo appoggia la vaccinazione MPR.

 

Nel 1998 Simon Murch era uno degli autori di uno studio sull'autismo in cui il vaccino MPR (morbillo, parotite, rosolia) sembrava associato all'insorgenza dell'autismo.

Grazie ai molti studi intrapresi da allora, che hanno smentito qualsiasi associazione tra vaccino e autismo e di fronte al pericolo di epidemie di morbillo in Inghilterra, dovuto al crollo delle coperture vaccinali, Murch si rivolge all'opinione pubblica britannica con un appello in favore alla vaccinazione MPR.

Riportiamo ampi stralci della lettera di Simon Murch indirizzata a Lancet del 1 novembre 2003:

Lo studio di Micheal Kidd e colleghi (Sett.6, p.832) sull'encefalite associata a morbillo in bambini portatori di trapianti renali enfatizza il grave rischio che la bassa copertura vaccinale MPR rappresenta per i bambini immunocompromessi.

Calcoli epidemiologici indicano che l'Inghilterra si trova ormai sull'orlo dello scoppio di epidemie di morbillo a causa delle basse coperture vaccinali. Le basse coperture attorno al 61% comportano quasi certamente il ritorno a delle condizioni di endemicità.

Inoltre, la tendenza all'eliminazione della sindrome della rosolia congenita si invertirà sicuramente.

Vi scivo in quanto sono uno degli autori di un early report per il Lancet e come gastroenterologo pediatrico che si occupa di bambini autistici. Benchè ulteriori studi hanno confermato l'associazione delle condizioni gastrointestinali all'autismo specificate nel report, ció non vale assolutamente per l'associazione con il vaccino MPR; sono stati condotti tanti studi epidemiologici, nessuno dei quali ha fatto emergere relazioni causali. Nessun altro vaccino è stato studiato più approfonditamente e le prove scientifiche per la sua sicurezza sono esaurienti. Di conseguenza la reazione di tutti i pediatri coinvolti nel report era di appoggiare la vaccinazione MPR senza riserve, ma questa decisione non ha trovato la dovuta eco nei mass-media.

E' molto frustrante che nei mass media gli studi che evidenziano delle alterazioni intestinali in bambini autistici vengono presi come comferme del ruolo causale del vaccino MPR. Questo è semplicemente falso. I miei colleghi ed io abbiamo visto alterazioni analoghe in bambini senza regressioni, in bambini non vaccinati e in bambini in cui i primi sintomi dell'autismo precedevano chiaramente la somministrazione del vaccino MPR. Alcuni geni coinvolti nell'autismo vengono espressi nell'intestino e nel sistema immunitario e può darsi che alterazioni minime di questi sistemi rappresentino una parte misconosciuta degli "autistic spectrum disorders". Questo è un argomento interessante, ma dovrebbe essere tenuto chiaramente separato dalla questione del vaccino MPR.

Vaccinare i propri figli contro morbillo, parotite e rosolia dovrebbe essere una decisione facile e tranquilla, ma è diventato un problema per molti genitori. In parte questa situazione riflette la sfiducia generale nelle affermazioni della publica amministrazione ed è stata sostenuta e rafforzata dall'atteggiamento dei mass media, ma trova il suo fondamento nella falsa convinzione che ci si trovi in una condizione di incertezza scientifica. Esistono ormai prove inequivocabili che la vaccinazione MPR non costituisca nessun fattore di rischio per l'autismo. Questa affermazione non è frutto di una congiura medica e neppure un'opinione fantastica, ma si basa su una quantità di studi scientifici senza precedenti a livello mondiale. In base a qualsiasi ragionamento sui rischi/benefici risulta un errore irrazionale e potenzialmente pericoloso preparasi per portare con sé il proprio bambino in macchina o in aereo, ma non proteggerlo con il vaccino MPR.

Un bambino non protetto non solo si trova in pericolo, ma rappresenta anche un possibile pericolo per altri, inclusi i bambini non ancora nati. Senza l'aumento rapido delle coperture vaccinali è probabile che in Inghilterra si verificheranno quest'inverno delle epidemie di morbillo di grosse dimensioni.

Simon Murch Separating inflammation from speculation in autism The Lancet, Volume 362, number 9394, 01 November 2003

 

News letter n° 117 del 5 marzo 2004 Inghilterra: aumenta la tensione per l'inchiesta sul vaccino MMR

 

In queste settimane sta aumentando la tensione per l'inchiesta sul vaccino MMR dopo la rivelazione che il principale artefice del molto discusso studio su un possibile legame tra insorgenza di autismo e vaccino antimorbillo- parotite-rosolia, aveva omesso di rivelare che stava conducendo anche un' altra indagine. La seconda indagine era stata commissionata da alcuni avvocati che stavano intentando una causa legale sui danni da vaccino.

Lo studio su dodici bambini condotto da Andrew Wakefield, pubblicato su Lancet ( 1998;351 : 637), suscitò un'enorme attenzione dei media seguita da una sostanziale caduta della percentuale di bambini vaccinati con vaccino trivalente antimorbillo-parotite-rosolia.

La scorsa settimana il redattore di Lancet, Richard Horton, dichiarò che all'epoca non avrebbe pubblicato l'articolo se avesse saputo che il Dr. Wakefield aveva un contratto per più di 55.000 sterline (81.800 euro) per condurre test su dieci bambini per conto di un gruppo che intendeva condurre azioni legali contro le ditte produttrici di vaccini.

In una dichiarazione il Dr.Wakefield disse che aveva condotto due studi separati: lo studio per Lancet era un'indagine clinica, mentre lo studio finanziato dal comitato per il soccorso legale (tendente a dimostrare se il virus del morbillo era presente nel tessuto intestinale dei bambini) era stato disegnato per analizzare il problema delle cause. Il Dr.Wakefield ammise inoltre che per lo meno quattro bambini, forse cinque, partecipavano a entrambi gli studi.

Lo scalpore fu suscitato da un'inchiesta del Sunday Times del 22 febbraio che sollevava dubbi sull'approvazione della ricerca dal punto di vista etico. Si ricorda che la ricerca fu condotta presso il Royal Free Hospital di Londra, sottoponendo soggetti autistici a procedure invasive come la puntura lombare e l'ileocolonscopia.

Il Royal Free Hospital, l'University College Medical School e il Royal Free Hampsted NHS Trust hanno dichiarato di essere pienamente certi che le indagini condotte sui bambini e riportate su Lancet erano state sottoposte ad un rigoroso esame dal punto di vista etico.

Il Professor Liam Donaldson, capo degli ufficiali medici dell'Inghilterra, dichiarò alla radio della BBC che la ricerca del Dr. Wakefield aveva provocato una perdita di fiducia in un vaccino che aveva salvato le vite di milioni di bambini. Aggiunse inoltre "Abbiamo sempre pensato che lo studio del Dr. Wakefield era povero dal punto di vista scientifico e non eravamo i soli a pensarlo. Lo studio è stato criticato da singoli esperti ed equipe mediche di tutto il mondo."

La commissione per gli affari legali revocò il finanziamento per il comitato sul vaccino MMR lo scorso anno, annunciando contestualmente che non avrebbe più finanziato ricerche per controversie legali.

Clare Dyer Pressure mounts for inquiry into MMR furore  British Medical Journal 2004, 328:485 (28 febbraio)

 

 

Newsletter n° 118. Autismo: i ricercatori inglesi critici della vaccinazione ritirano le loro conclusioni

La settimana scorsa la rivista "Lancet" ha pubblicato la smentita delle interpretazioni dello studio di Andrew Wakefield e colleghi del febbraio 1998, che ha suscitato molte preoccupazioni per l'ipotesi di un'associazione tra vaccino MPR e autismo. Ora 10 dei 12 autori (all'appello manca solo Wakefield ed un'altro autore) hanno firmato una dichiarazione in cui ritirano le conclusioni del loro lavoro del 1998. Sullo stesso numero del Lancet si trova inoltre una dichiarazione degli editori del Lancet a firma di Richard Horton, una dichiarazione del Royal Free and University College Medical School, del Royal Free Hampstead NHS Trust e dichiarazioni da parte di Simon Murch, John Walker Smith e dello stesso Wakefield.

Riportiamo in seguito la dichiarazione di ritiro delle conclusione dei 10 ricercatori.

Questa dichiarazione si riferisce alla pubblicazione "Ileal-lymphoid-nodular hyperplasia, non-specific colitis, and pervasive developmental disorder in children" (Lancet 1998; 351: 637-41). E' stata firmata da 10 dei 12 autori originali. E' da notare che questa dichiarazione non riflette necessariamente anche le opinioni degli altri co-autori.

Il significato principale dello studio è stato quello di aver scoperto una lesione anomala a livello intestinale nei bambini autistici. Da allora si sono aggiunte ulteriore conferme di questo risultato grazie ai lavori del Royal Free Centre for Paediatric Gastroenterology e di altri gruppi di ricerca. Continua a permanere una grande incertezza sulla natura di queste alterazioni, ma siamo convinti che sia importante continuare questo tipo di ricerca dal momento che, riconoscere e trattare i problemi gastroenterici potrebbe eventualmente dare aiuto ai bambini autistici.

Vorremmo fare chiarezza sul fatto che nello studio non è stata determinata nessuna associazione causale tra il vaccino MPR e l'autismo, per la mancanza di dati. Tuttavia la possibilità di una tale associazione è stata sollevata. Gli eventi successivi alla pubblicazione del lavoro hanno provocato importanti conseguenze sulla salute pubblica. Pertanto siamo dell'opinione che ora sia venuto il momento di ritirare collettivamente e in modo formale le interpretazioni dei risultati dello studio.

Non ci è stato possibile contattare John Linnel.

Simon H Murch, Andrew Anthony, David H Casson, Mohsin Malik, Mark Berelowitz, Amar P Dhillon, Michael A Thomson, Alan Valentine, Susan E Davies, John A Walker-Smith

Retraction of an interpretation The Lancet, Volume 363, Number 9411, 6 March 2004

 

 

 

VACCINAZIONI E DIABETE

 

Lo sviluppo di diabete di tipo I o diabete insulino dipendente (IDD) sembra favorito, in individui geneticamente predisposti, da alcuni fattori ambientali di tipo infettivo e, secondo alcune ipotesi, da immunizzazioni mediante vaccini; l’azione inducente (o slatentizzante) la patologia potrebbe in tal caso essere esplicata direttamente sulle cellule B del pancreas o attraverso meccanismi autoimmuni.

 

Nel corso degli anni ’90 sono stati pubblicati molti studi per verificare il coinvolgimento dei vaccini nell’insorgenza di diabete, inizialmente su popolazioni abbastanza limitate e con risultati iniziali contrastanti: secondo alcuni autori (Bloom 1991, Hyoty 1993, Classen JB 1996, Classen DC 1997, Classen JB 1998) alcuni vaccini e/o alcune schedale vaccinali potrebbero avere un effetto scatenante nei confronti della patologia; altri studi evidenziano, al contrario, un effetto “protettivo” nei confronti dell’IDD da parte del vaccino anti-morbillo (Bloom 1991) o del vaccino antipertosse (Heijbel 1997) o antitubercolare (Dahlquist 1995); altri studi non confermano che il vaccino possa diminuire il rischio (Hyoty 1993, Parent 1997). Anche gli studi sviluppati su modelli animali non sono in grado di fornire risposte significative.

Tuttavia, negli ultimi cinque anni sono stati pubblicati studi epidemiologici in cui sono stati studiati per lunghi periodi di tempo soggetti vaccinati e non vaccinati per stabilire se l’incidenza di diabete fosse maggiore nei gruppi vaccinati con i seguenti risultati, pubblicati su riviste di notevole prestigio: uno studio pubblicato su British Medical Journal nel 1999 (Karvonen 1999) riporta i risultati di un confronto fre incidenza e rischio relativo per diabete di tipo I in tre gruppi di bambini finlandesi nati prima e dopo l’introduzione del vaccino anti Haemophilus Influenzae b (Hib); il gruppo dei nati prima del 1985 (e non vaccinata per Hib) ed i due gruppi di bambini nati dal 1985 al 1987 e vaccinati con due differenti schedale vaccinali sono stati seguiti per dieci anni. Non è stata evidenziata differenza significativa di rischio tra vaccinati e non vaccinati, né tra le due differenti schedale vaccinali (a 3-4-6 mesi con un richiamo a 14-18 mesi oppure singola dose a 24 mesi) circa la probabilità di sviluppare IDD. Nello stesso periodo,  altri due studi epidemiologici negavano l’associazione vaccini e diabete (Graves 1999, Jefferson 1998 ).

Anche i CDC (Centers for Disease Control and Prevention) statunitensi riassumono in un documento pubblicato nel marzo del 2000 (Health Topics) che non c’è evidenza che i vaccini causino lo sviluppo del diabete o ne aumentino il rischio e che il riesame degli studi scientifici disponibili non hanno dimostrato questa relazione (disponibile in rete all’indirizzo: http://www.cdc.gov/nip/vacsafe/concerns/Diabetes/default.htm).

Un ulteriore conferma dell’assenza di correlazione tra vaccino anti Hib e anti HBV e diabete è stata presentata alla 40° Interscience Conference on Antimicrobial Agents and Chemotherapy (Toronto 2000) sulla base di uno studio retrospettivo sui registri di pazienti affetti da diabete di tipo I: anche l’epoca della somministrazione della I dose di vaccino non ha evidenziato correlazione con l’insorgere della patologia.

Diversi studi successivi (EURODIAB substudy 2 study group 2000, Sipetic 2003, Altobelli 2003) hanno confermato l’azione scatenante delle infezioni nel determinare l’insorgenza della malattia nei soggetti diabetici, in cui l’esordio della malattia si correla con un elevato numero di infezioni nella storia clinica di questi pazienti: tuttavia, anche in questo caso, non è stata rilevata alcuna correlazione con le vaccinazioni o è stato evidenziato un effetto protettivo.

Un altro importante studio (De Stefano 2001) ha escluso che esista associazione causale tra i vaccini contro pertosse, morbillo, rosolia, parotite, Hib, ed HBV e l’insorgenza di diabete, confrontando soggetti diabetici e soggetti sani, rispettivamente vaccinati e non vaccinati; infine, uno studio svolto su 681 pazienti diabetici in Danimarca, pubblicato su  New England Journal of Medicine (Anders 2004) ha analizzato il ruolo dei vaccini (contro Hib, difterite, tetano, pertosse, poliomielite-Salk, poliomielite-Sabin, morbillo, parotite, rosolia) nell’insorgenza di diabete escludendo ogni associazione causale tra vaccini e diabete di tipo I, anche se si valutano i diversi gruppi studiati a distanza di 2-4 anni dalle vaccinazioni (un lavoro recente di revisione di dati  epidemiologici–Classen JB 2003-, aveva ipotizzato la comparsa di nuovi casi di diabete a distanza di 2-4 anni dopo vaccinazione con diversi vaccini ed era stato fortemente criticato per l’approccio metodologico; per dovere di cronaca ai due autori –Classen JB e Classen DC-  sono state mosse critiche metodologiche per i loro studi sull’argomento, non solo per questo ma anche per i precedenti lavori citati che, come descritto, hanno avuto il pregio di stimolare studi rigorosi sull’argomento ma non hanno retto alle successive evidenze). Il lavoro di Anders è stato commentato, nel medesimo numero della rivista (Levitsky 2004), come (si spera) l’ultimo lavoro necessario per escludere l’associazione tra vaccini e diabete, con l’invito alla comunità scientifica a rivolgere l’interesse su altri aspetti del diabete……(…..this study will, one hopes, be the last one that is necessary to disprove an association between immunization and diabetes. The scientific community should now move on to the most important tasks: identifyng the genetic, immunologic and enviromental phenomena that are actually responsible for the development of diabetes and finding the means to prevent and treat thi chronic disorder. Lynne L. Levitsky Pediatric Endocrine Unit – Massachussets General Hospital and Harvard Medical School, Boston)

 

Bibliografia

 

 

 

Vaccinazione anti-epatite B e sclerosi multipla

 

Il vaccino anti-epatite B è disponibile sino dal 1982 e più di un miliardo di persone in tutto il mondoha da allora ricevuto il vaccino. A partire dalla fine degli anni ’80 è stato utilizzato un vaccino ottenuto con tecniche di biologia molecolare che ha permesso di migliorare ulteriormente la sicurezza di un vaccino che già in precedenza era considerato tra i più sicuri. La vaccinazione contro l’epatite B è in grado di prevenire in oltre il 95% dei vaccinati l’infezione e, soprattutto, lo stato di portatore cronico e la conseguente evoluzione in epatocarcinoma, da tempo ben documentata nei soggetti vaccinati.

Più di 100 paesi hanno inserito la vaccinazione anti-epatite B nei loro programmi di vaccinazione per i bambini e molti l’hanno introdotta tra le vaccinazioni raccomandate per gli adulti a rischio.

In anni recenti alcuni neurologi francesi hanno riferito di aver diagnosticato l’insorgenza di sclerosi multipla nei giorni, settimane o mesi successivi alla vaccinazione anti-epatite B. La diffusione attraverso i mass-media di queste segnalazioni preliminari ha portato, senza che fosse provata la relazione causa-effetto tra i due eventi, a diffondere il concetto che tale vaccinazione fosse in grado di scatenare, almeno in soggetti predisposti, l’insorgenza di patologie autoimmuni quali la sindrome di Guillain-Barre, la mielite traversa, la neurite ottica, la sclerosi multipla ed altre patologie demielinizzanti del sistema nervoso centrale (SNC).

 

Questo ha determinato, in Francia, una notevole riduzione della compliance nei confronti della vaccinazione e la sospensione provvisoria delle campagne di vaccinazione collettiva nelle scuole secondarie. Si è posta la necessità di rispondere a tre quesiti per fare chiarezza su quello che era diventato un dibattito socio-politico:

·        esiste una relazione causa-effetto tra vaccino anti-epatite B e insorgenza di sclerosi multipla?

·        La vaccinazione è in grado di causare sclerosi multipla in soggetti predisposti (e, soprattutto, è possibile identificare tale predisposizione se presente)?

·        Il vaccino ha causato realmente casi di sclerosi multipla?

 

Le segnalazioni di una relazione temporale tra vaccinazione anti-epatite B e comparsa di malattie demielinizzanti del SNC sono rare ma presenti in letteratura: negli USA sono state riportate segnalazioni per mielite traversa, neurite ottica e sindrome di Guillain-Barrè (Herroelen 1991, Trevisani 1993, Shaw 1998); anche in Italia vi sono rare segnalazioni (nel periodo 1991-95 vengono riportate associazioni temporali tra  vaccinazione e s. di Guillain-Barrè – 2 casi -, diverse neuriti periferiche, una paralisi del faciale, un caso di s. di Miller) ed in uno studio più recente (Grotto 1998) vengono descritti 5 casi  di interessamento neurologico a seguito di 4.500.000 dosi somministrate.

In tutti questi casi non è possibile dimostrare che il vaccino sia stata la causa dell’insorgenza del quadro neurologico e per verificare l’effettiva presenza di un rapporto causa-effetto sono stati progettati e svolti una serie di studi epidemiologici con i seguenti risultati:

·        Alcuni studi francesi hanno riportato un lieve aumento di rischio per malattie neurologiche che, seppur non significativo dal punto di vista statistico, sembravano indicare un debole collegamento tra vaccino e malattie demielinizzanti; tuttavia, questi dati sono stati criticati per il non corretto approccio statistico e, soprattutto, non sono stati confermati da successive valutazioni: infatti, studi condotti in molti altri paesi non hanno confermato aumenti significativi delle malattie autoimmuni  a seguito di questa e di altre vaccinazioni ed anche uno studio francese, successivo e stratificato per età, ha dimostrato che la distribuzione dei casi diagnosticati di sclerosi multipla per età e sesso nei soggetti vaccinati presenta un andamento del tutto analogo a quello riscontrato nella popolazione non vaccinata.

·        Un gruppo internazionale di esperti (WER 1997, OMS 1998) ha concluso, dopo aver revisionato tutta la letteratura disponibile, che i dati disponibili non dimostrano l’esistenza di una relazione causale tra la vaccinazione anti-epatite B e l’insorgenza di sclerosi multipla e che la politica vaccinale dovrebbe proseguire in tutto il mondo.

A dispetto di queste indicazioni, nell’ottobre 1998 il Ministero della Sanità francese  ha deciso di sospendere il programma di vaccinazione nelle scuole secondarie lasciando invariate le raccomandazioni a vaccinare i nuovi nati, gli adulti a rischio e gli operatori sanitari. L’OMS ha commentato negativamente la decisione del governo francese in mancanza di evidenze scientifiche che stabiliscano un nesso causale tra vaccinazione e malattie demielinizzanti.

La commissione sulle vaccinazioni italiana ha condiviso il parere espresso dall’OMS e dall’Agenzia Europea per la Valutazione dei Medicinali (EMEA) ed ha, quindi, elaborato un documento contenente un’approfondita analisi sul presunto legame vaccino-malattie demielinizzanti esprimendo così la propria posizione (Circ. Min. 1/09/1999):

·        In assenza di una qualunque dimostrazione del possibile rischio (nessun caso di sclerosi multipla è stato segnalato tra i neonati) non vi sono elementi per modificare l’attuale strategia vaccinale per epatite B nei nuovi nati;

·        Per quanto riguarda gli adolescenti, non si ritiene che vi siano elementi sufficienti per modificare il giudizio sul profilo beneficio-rischio della vaccinazione e, di conseguenza, non si ritiene che l’attuale strategia vaccinale vada modificata;inoltre, sulla base delle evidenze disponibili, non è possibile individuare alcuna sottopopolazione di dodicenni per la quale la vaccinazione sarebbe controindicata a causa di uno specifico incremento del rischio di sclerosi multipla.

·        Per quanto riguarda gli adulti, una possibile cautela consiste nel raccomandare la vaccinazione solo per le persone a maggior rischio, pur in assenza di dati oggettivi che dimostrino un ruolo causale del vaccino nell’aumentare il rischio di malattie demielinizzanti.

 

Nel 2001 sono infine stati pubblicati due studi che dimostrano non solo l’assoluta mancanza di relazione causale tra somministrazione del vaccino anti-epatite B e lo sviluppo di sclerosi multipla ma anche l’inconsistenza dell’ipotesi che la somministrazione del vaccino (ed anche di altri, quali anti-tetano e anti-influenza) possa esacerbare il decorso clinico della patologia (cioè la sclerosi multipla) nei pazienti in cui essa sia stata precedentemente diagnosticata.

Uno studio caso-controllo (Ascherio 2001) condotto negli Stati Uniti su due grossi gruppi (coorti) di infermiere seguite per molti anni (dal 1976 al 1989), in cui oltre l’80% delle quali aveva ricevuto tre dosi di vaccino anti-epatite B evidenzia una totale assenza di associazione tra il rischio di sviluppare sclerosi multipla e vaccinazione anti-epatite B, indipendentemente dal numero di dosi di vaccino ricevute. Questi dati, peraltro, confermano le osservazioni circa la mancanza di aumento del numero di casi di sclerosi multipla dopo l’introduzione del vaccino anti-epatite B in un gruppo di oltre 260.000 adolescenti canadesi tra il 1992 ed il 1998 (Sadovnick 2000).

Un altro studio (Confavreux 2001) è stato condotto su pazienti affetti da sclerosi multipla che hanno avuto una ricaduta di malattia fra il 1993 e il 1997. Una parte di essi era stata vaccinata per epatite B nei mesi precedenti la ricaduta. Anche in questo caso dai risultati dello studio si evidenzia come questo (così come altri vaccini comunemente utilizzati, quali anti-tetanica ed anti-influenzale) non sembrano aumentare a breve termine il rischio di ricaduta nei pazienti affetti da sclerosi multipla. Tali risultati sono stati confermati sia dalla clinica (cioè valutando la sintomatologia) che dai risultati di laboratorio (mediante risonanza magnetica) che confermano l’assenza di aumenti della attività della patologia dopo somministrazione di vaccino anti-influenzale e antitubercolare.

Le conclusioni derivanti da tutti gli studi più recenti risultano quindi concordi nell’escludere ogni rapporto causa-effetto tra vaccini e sclerosi multipla, in contrasto con i primi studi francesi che, seppure non confermati e di scarso valore statistico, hanno avuto il pregio di sollevare delle domande importanti a cui gli studi successivi sono stati in grado di rispondere in modo esaustivo.

 

 

 

Bibliografia

 

 

 

Vaccini e thimerosal

 

A partire dagli anni ’90 l’attenzione di molti studiosi si è rivolta alla potenziale tossicità per il sistema nervoso centrale dei composti del mercurio, presenti soprattutto nel pesce per uso alimentare, nell’amalgama dentale e, sotto forma di thiomerosal, in alcuni vaccini con funzione di conservante. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che l’incremento dei casi di autismo (che si è verificato in alcuni paesi ma che ha assunto particolare evidenza negli Stati Uniti, dove si è passati da una prevalenza di 1 caso ogni 2500 bambini alla metà degli anni ’80 a 1 caso ogni 300 bambini alla metà degli anni ’90) fosse da imputare all’utilizzo dei vaccini MPR e/o all’azione tossica del thiomerosal contenuto in passato soprattutto nei vaccini inattivati. Il thiomerosal è un composto organico del mercurio dotato di attività antimicrobica (antibatterica e antifungina) la cui azione deriva dall’etilmercurio, composto che si forma per idrolisi spontanea o enzimatica del thiomerosal. Nel corpo umano il thiomerosal viene convertito principalmente in etilmercurio ed è proprio la potenziale tossicità dell’etilmercurio a venir presa in considerazione. Il thiomerosal viene utilizzato come conservante in alcuni vaccini ed in molti prodotti farmaceutici fin dagli anni ’30. Fino al 1999 era contenuto in oltre 30 vaccini utilizzati negli Stati Uniti, compresi molti vaccini utilizzati nelle schedale vaccinali del neonati. Un rapporto della FDA (Food and Drug Administration) segnalò che utilizzando le schedale vaccinali previste i neonati potevano venir esposti a dosi cumulative di etilmercurio che superavano le dosi massime raccomandate per l’ingestione di metilmercurio, un altro composto organico del mercurio (Ball 2001). Sebbene la permanenza nell’organismo e la tossicità del metilmercurio fossero ampiamente superiori a quelle riscontrate per l’etilmercurio, l’American Academy of Pediatrics (AAP) e la U.S. Public Health Service (PHS) pubblicarono un documento (Centers for Disease Control 1999) in cui si raccomandava, a scopo precauzionale, l’eliminazione del thiomerosal dai vaccini; nella pubblicazione viene chiaramente espresso il parere che non esistono dati scientifici o evidenze di alcun danno causato dalla esposizione ai composti del mercurio derivata dall’assunzione di vaccini secondo i calendari vaccinali di routine e che i vaccinati non debbono essere indagati con esami di laboratorio per determinare l’esposizione al mercurio. Si sottolinea, inoltre, che il rischio di non essere vaccinati è assai maggiore di quello, del tutto teorico, di una tossicità neurologica dovuta all’accumulo di composti del mercurio nei primi 6 mesi di vita. Da allora sono stati prodotti vaccini privi di thimerosal contro quasi tutti i patogeni, con alcune eccezioni quali i vaccini anti-influenzali: pertanto oggi le schedule vaccinali per l’infanzia prevedono l’utilizzo di vaccini privi di thimerosal. Va inoltre sottolineato che in Italia il calendario vaccinale includeva al tempo un numero di somministrazioni di vaccino inferiori a quelle previste negli Stati Uniti e di conseguenza la dose cumulativa di thiomerosal risultava minore. I limiti di esposizione per il metilmercurio stimati dall’OMS (WHO 2000), estrapolabili all’etilmercurio (200-230 mh/anno per la quantità totale, 120-130 mg/anno per la quantità somministrabile con i vaccini) sono risultati  sicuri e risultano superiori a quelli somministrati utilizzando le schedale vaccinali allora consigliate. Da allora sono stati progettati e realizzati un grande numero di studi rivolti alla dimostrazione o meno di una associazione causa-effetto tra vaccini contenenti thimerosal e tossicità neurologica (compresi autismo e disturbi pervasivi della personalità):

·        la grande maggioranza degli studi pubblicati (Hviid 2003, Miller 2004, Verstraeten 2003, Madsen 2003, Stehr-Green 2003, Heron 2004, Andrews 2004) riportano evidenze della assenza di associazione causale tra thimerosal e autismo, utilizzando metodi di analisi differenti ed esaminando popolazioni diverse (svedese, danese, statunitense, inglese).

·        Alcuni studi riportano, esclusivamente per gli Stati Uniti, dati a favore di una associazione causale (Geier and Geier 2003 a, b,c,d, e 2004 a,b,c, Blaxill 2001): tuttavia si tratta o di dati mai pubblicati (Blaxill 2001) o studi di due soli autori (Geier and Geier) fortemente criticati da tutta la comunità scientifica in quanto gravati da importanti difetti metodologici, le cui elaborazioni statistiche non sono trasparenti e che non risultano pubblicati su riviste significative. (E’ degno di nota che dei due autori (che sono padre e figlio) uno risulta presidente e co-fondatore di una società che si occupa da anni di assistere legalmente i genitori di bambini che intentano cause per presunti danni vaccinali. In effetti nel corso degli ultimi 2-3 anni è in corso un violento dibattito pubblico negli Stati Uniti in cui i movimenti anti-vaccinatori sostengono che le istituzioni nascondano l’associazione tra thimerosal, MPR ed autismo ed hanno i due Geier tra i più convinti sostenitori: rimane tuttavia difficile spiegare come tale associazione non sia mai stata confermata da tutti gli studi seri, controllati e pubblicati su riviste prestigiose, sia su casistica statunitense che di altri paesi, anche quelli pubblicati da studiosi in cui non è possibile ipotizzare alcuna connivenza né con le istituzioni statunitensi né con le aziende che producono vaccini…..)

·        Le conclusioni riportate da diverse revisioni di tutta la letteratura disponibile sull’argomento sono concordi nel sostenere che le evidenze disponibili in letteratura sono a favore della assenza di un rapporto causa-effetto tra thimerosal ed autismo: in particolare negli ultimi 3 anni si è ripetutamente occupata di revisionare la letteratura disponibile l’Institute of Medicine of the National Academy of Science statunitense che ha pubblicato un imponente lavoro di revisione sull’argomento nel 2004: in questo lavoro (Institute of Medicine (b)) in cui si analizzano, in oltre 200 pagine, tutte le pubblicazioni ad oggi disponibili sull’argomento gli autori concludono che “….le evidenze inducono a rifiutare che esista una associazione causale tra i vaccini contenenti thiomerosal e autismo.”. E’ degno di nota che nel precedente report (Institute of Medicine (a)) del 2001 la commissione concludeva che “…. le evidenze erano inadeguate per poter accettare o rifiutare una relazione causale tra esposizione al thimerosal presente nei vaccini, autismo ed altri disturbi neurologici, in quanto non erano ancora disponibili studi epidemiologici sufficienti….”, studi che sono invece oggi disponibili, almeno per l’autismo.

 

Bibliografia

 

·        Ball LK et al. An assessment of thimerosal use in childhood vaccines Pediatrics 107, 1 :1147-1154

·        Centers for Disease Control. Thimerosal in vaccines: a joint statement of the American Academy of Pediatrics and the Public Health Service MMWR 1999, 48: 563-565

·        WHO Thimerosal as a vaccine preservative. Weekly Epidemiological Record 2000, 2:12-16

·        Hviid A et al. Association between thimerosal-containing vaccine and autism. JAMA 2003,290:1763-1766

·        Miller E. Presentation to the Immunization Safety Review Commitee. Thimerosal and developmental problems including autism. 2004 Washington DC

·        Verstraeten T et al. Safety of Thimerosal-Containing Vaccines: A Two-Phased Study of Computerized Health Maintenance Organization Databases. Pediatrics 2004,112: 1039-1048.

·        Madsen KM et al.Thimerosal and the Occurrence of Autism: Negative Ecological Evidence from Danish Population-Based Data. Pediatrics 2003, 112: 604-606.

·        Stehr-Green P et al. Autism and thimerosal-containing vaccines: lack of consistent evidence for an association. American Journal of Prev. Medicine 2003,25:101-106

·        Heron J et al. Thimerosal exposure in infants and developmental disorders: a prospective cohort study in the United Kingdom does not support a causal association. Pediatrics 2004, 114:577-583

·        Andrews N et al. Thimerosal exposure in infants and developmental disorders: a retrospective cohort study in the United Kingdom does not support a causal association. Pediatrics 2004, 114:584-591

·        Geier and Geier (2003a). An assessment of  the impact of thimerosal on childhood neurodevelopmental disorders. Periatr. Rehabil. 2003, 6:97-102

·        Geier and Geier (2003b). Neurodevelopmental disorders after thimerosal-containing vaccines: a brief communication. Exp. Biol. Med. (Maywood) 2003, 228:660-664

·        Geier and Geier (2003c). Pediatric MMR vaccination safety. International Pediatrics 2003, 18:203-208

·        Geier and Geier (2003d). Thimerosal in childhood vaccines, neurodevelopmental disorders and heart disease in the United States. J. Amer.Phys. Sur. 2003, 8 :6-11

·        Geier and Geier (2004a). A comparative evaluation of the effects of MMR immunization and mercury doses from thimerosal-containing childhood vaccines on the population prevalence of autism. Med. Sci. Monit. 2004, 10:P133-139

·        Geier and Geier (2004b). Presentation to the Immunization Safety Review Committee. From Epidemiology, clinical medicine, molecular biology and atoms to politics: a review of the relationship between thimerosal and autism. Washington DC

·        Geier and Geier (2004c). Submission to the Immunization Safety Review Committee. From Epidemiology, clinical medicine, molecular biology and atoms to politics: a review of the relationship between thimerosal and autism.

·        Blaxill M (2001). Presentation to Immunization Safety Review Committee. Rising Incidence of Autism: Association with Thimerosal. Washington DC

·        Institute of Medicine (a). Immunization Safety Review: Thimerosal-Containing Vaccines and Neurodevelopmental Disorders. Washington, DC: National Academies Press 2001.

·        Institute of Medicine (b).Immunization Safety Review: Vaccines and Autism. Washington, DC: National Academies Press 2004.

 

 

VACCINI E BIOSICUREZZA: PERCHE’ I VACCINI SONO SICURI

 

La produzione di vaccini per uso umano segue una serie di indicazioni estremamente puntuali emesse originariamente dal Ministero della Sanità italiano (sotto forma di indicazioni della Farmacopea Ufficiale) e, da qualche anno, emesse dall’organo regolatorio della comunità europea (sotto forma di indicazione della Farmacopea Europea). La produzione di vaccini avviene seguendo una sequenza clinico sperimentale ben definita.

Il primo punto riguarda l’identificazione di una patologia causata da un agente infettante (microbo, virus o altro) che, quando viene evocata una risposta immune specifica nel soggetto infettato, sia controllata adeguatamente e si concluda con la guarigione del paziente. Inoltre, è estremamente importante che venga dimostrato che la presenza di una risposta immune, evocata nel corso di una precedente infezione, sia in grado di proteggere (impedendo una nuova infezione o riducendone la sintomatologia in maniera significativa) il soggetto immune. Infine, quando si tratta di una patologia estremamente grave (per esempio il tetano) dove sia improponibile una dimostrazione medica dell’efficacia di un’immunizzazione naturale, è necessario che adeguati modelli sperimentali (dapprima realizzati nell’animale da esperimento e successivamente su volontari sani) dimostrino l’efficacia di una immunoprofilassi attiva.

Se quanto previsto nel primo punto viene soddisfatti in maniera del tutto adeguata, è possibile ipotizzare lo sviluppo e la sperimentazione di un vaccino. E’ chiaro che bisogna identificare, mediante tecniche immunologiche talora estremamente sofisticate, quale sia la struttura dell’agente patogeno che, se inoculata, evochi una risposta immune protettiva. Questo viene verificato somministrando l’agente patogeno nella sua interezza (comunque variamente modificato, ucciso al calore, attenuato in modo che non sia il vaccino stesso l’agente causale della malattia) e verificando che una successiva infezione con il ceppo infettante originale non si risolva in un classico quadro patologico.

La raccolta di prove documentali che l’infezione oggetto del nostro studio trae beneficio dall’attivazione della risposta immune (punto 1) e che l’agente patogeno (o suoi derivati) possono essere variamente modificati per accentuarne l’immunogenicità abolendone l’infettività (punto 2), è possibile passare alla terza fase dello studio, rappresentata dalla sperimentazione “sul campo” del vaccino stesso, in maniera da documentarne l’efficacia e la tollerabilità. Solo quando anche questi punti saranno chiariti, il vaccino verrà prodotto industrialmente ed immesso sul mercato.

La fase di produzione del vaccino, codificata dalla Farmacopea Europea, prevede l’utilizzazione di un corpo normativo denominato Good Manufacturing Practices (GMP). La sigla GMP è significativa di una produzione in ambiente altamente controllato (per il materiale iniettabile, l’ambiente della produzione deve essere sterile), che utilizza materie prime e reagenti controllati in termini di efficacia, attività biologica e livelli di biosicurezza. Le norme di GMP prevedono anche che tutto il materiale utilizzato, le procedure seguite e i controlli effettuati vengano registrati in maniera virtualmente indelebile allo scopo di poter controllare, anche a distanza di molti anni, che quel determinato lotto di produzione era stato gestito da determinati operatori, con specifiche materie prime.

Un vaccino immesso sul mercato risponde quindi a una serie di indicazioni scientifiche, farmacologiche e produttive che ne assicurano l’efficacia e la totale biosicurezza.

 

Si è detto che l’efficacia e la sicurezza dei vaccini vengono testate in modo estremamente rigoroso: si riporta di seguito la descrizione particolareggiata delle procedure di valutazione che ogni vaccino subisce prima, durante e dopo l’utilizzo nell’uomo  (a cura dei dott. Giovanni ARA e Franco GIOVANETTI Dipartimento di Prevenzione ASL 18 Regione Piemonte).      

Il processo che porta dalla produzione alla verifica di efficacia e sicurezza avviene, in particolare, attraverso 4 fasi successive. Le prime tre fasi si svolgono prima della commercializzazione del vaccino, e vengono definite FASE I, II, III (Chen 1996, Crovari 2001). Dopo la commercializzazione del vaccino si passa alla FASE IV.

Come già detto, utte queste fasi sono regolate da una rigida normativa comunitaria e nazionale.

Prima della sperimentazione sull’uomo vengono generalmente fatte delle sperimentazioni in laboratorio (“in vitro”) e sull’animale.

Successivamente, nella fase I, il vaccino viene testato su un numero limitato di persone (decine), in genere le persone a maggior rischio di contrarre la malattia per la quale si studia il vaccino. Questa fase, durante la quale si aumentano le quantità di vaccino somministrate ai volontari fino ad arrivare a quelle che si pensa saranno utilizzate nella formulazione definitiva, serve soprattutto a verificare l’assenza di tossicità della preparazione (“Primum non nocere” - Ippocrate). Ovviamente i soggetti vengono sottoposti ad accurati accertamenti clinici e ad esami di laboratorio.

Se questa fase viene superata, si passa alla fase II. In questa fase, che può coinvolgere anche centinaia di persone, possono essere modificati i componenti degli antigeni vaccinali, degli eccipienti e degli stabilizzanti; si studiano gli effetti delle dosi successive, sia in termini di effetti tossici che di immunogenicità.

Se anche questa fase viene superata, si passa alla fase III, che coinvolge in genere tra 100 e 10.000 volontari. In questa terza fase, oltre a continuare la sorveglianza sugli effetti collaterali, si valuta anche l’efficacia del vaccino, mediante esami di laboratorio che valutano la risposta immunitaria nei soggetti vaccinati.

Dato che, se si tratta di un nuovo vaccino, esiste anche un gruppo di non vaccinati, è possibile seguire nel tempo le due popolazioni (vaccinati-non vaccinati), per verificare sul campo se il vaccino è utile nella prevenzione della malattia. L’aumento del numero dei soggetti vaccinati consente anche di verificare la possibilità di reazioni gravi ma abbastanza rare. Questa fase può durare anche diversi anni.

Se anche questa fase III viene superata, si passa alla commercializzazione del vaccino, dopo l’approvazione degli organi competenti (in Europa, l’EMEA ed in Italia il Ministero della Salute).

Durante la fase III avviene un controllo sistematico delle persone vaccinate, a scadenze fisse, da parte di personale sanitario; inoltre i genitori, o nel caso di soggetti maggiorenni, lo stesso soggetto vaccinato, devono raccogliere giornalmente su di una scheda (“diary card”) tutti gli eventuali eventi avversi, per un periodo di tempo prefissato. Tale diary card dovrà poi essere consegnata agli autori dello studio.

Ovviamente dovranno essere eseguiti accurati accertamenti clinici e di laboratorio, per verificare se il soggetto vaccinato contrae una delle malattie per le quali è stato vaccinato.

 

Pertanto, quando un vaccino viene immesso in commercio, si conosce già la percentuale delle reazioni avverse più comuni, previste in termini percentuali a livello di popolazione (anche se non prevedibili nel singolo caso). Ad es., la reazione locale, la febbre, la durata accettabile del pianto post vaccinazione, ecc.: non si vaccina al buio, non sapendo che cosa capiterà. 

 

La frequenza di tali reazioni, di cui ovviamente devono essere avvisati i genitori, nel caso di un minore, rientra tra gli effetti collaterali del vaccino già noti (inclusa la possibilità di una reazione grave del tipo dello shock anafilattico) e spesso sono dipendenti dalle caratteristiche intrinseche del vaccino.

Quando però vengono vaccinate centinaia di migliaia di persone, possono manifestarsi effetti collaterali gravi, ma estremamente rari.

E’ perciò necessario che la sorveglianza sulle reazioni avverse da vaccino prosegua anche dopo la fase III (fase IV “post – marketing”); ciò può essere fatto con studi epidemiologici ad hoc (studi “caso – controllo”, studi di coorte, ecc.), oppure con dei sistemi di sorveglianza cosiddetta “passiva”, nella quale l’organo di controllo (in genere strutture sanitarie pubbliche) riceve “passivamente” le segnalazioni delle reazioni avverse (o presunte tali: bisogna infatti differenziare l’evento avverso - successivo alla vaccinazione ma non ad esso correlato - dalla reazione avversa - correlata alla vaccinazione).

La normativa italiana prevede di “routine” la sorveglianza passiva; questa è la modalità più diffusa di farmacovigilanza nei Paesi occidentali più evoluti, compresi gli Stati Uniti, nei quali è stato realizzato il VAERS – Vaccine Adverse Event Reporting System.

Questi sistemi di sorveglianza passiva solitamente sottostimano reazioni di scarsa gravità (in quanto se sono già note e previste nei fogli illustrativi non vengono di solito segnalate), ma sono in grado di identificare reazioni anche piuttosto rare.

Studi con sorveglianza attiva vengono solitamente attuati solo in casi particolari, quando ad es. è necessario verificare la possibile correlazione tra una vaccinazione ed una reazione grave ma rara; oppure per conoscere in modo preciso la frequenza di reazioni non rare.

Questa branca della sanità pubblica che studia le reazioni avverse ai farmaci, inclusi i vaccini, viene definita farmaco-epidemiologia e si avvale delle tecniche proprie degli studi epidemiologici.

Una forma più avanzata di sorveglianza è quella costituita dai cosiddetti LLDB (acronimo di Large-Linked DataBases). In essa una certa quota della popolazione, possibilmente almeno in parte rappresentativa della popolazione generale, viene seguita nel tempo: vengono non solo registrati tutti i dati relativi ai vaccini somministrati, ma anche tutti gli accessi ambulatoriali, i ricoveri ospedalieri e gli eventuali decessi.

Tutti questi dati computerizzati (DataBases) vengono tra loro correlati (Linked); l’elevato numero di soggetti seguiti permette di individuare reazioni gravi ma molto rare (un caso ogni 100.000 vaccinati e più). 

Un esempio di questi LLDB è rappresentato dal progetto VSD (Vaccine Safety Datalink) americano.

Questi studi vengono svolti soprattutto negli USA, dove una parte più o meno grande della spesa sanitaria è coperta dalle assicurazioni private, che hanno interesse a sapere se convenga sopportare il costo economico della somministrazione di un vaccino oppure in alternativa quello dei ricoveri ospedalieri, degli accertamenti di laboratorio e delle cure dei soggetti che si ammalano di una certa patologia (senza trascurare i costi economici legata all’assenza dal lavoro dei genitori). 

La frequenza delle reazioni da vaccino gravi ma rare o rarissime va conosciuta anche per la valutazione del rapporto rischio-beneficio e per l’identificazione di eventuali gruppi a maggior rischio di reazioni gravi, da escludere dalla vaccinazione.

Come già detto, un punto di cruciale importanza è la distinzione tra evento avverso (un evento indesiderato che accade dopo una vaccinazione ma ad esso correlato solo temporalmente, senza una relazione causa-effetto) e reazione avversa (evento indesiderato causato dalla vaccinazione, quindi con una relazione causa-effetto).

Questo problema è affrontato dagli americani con le 3 classiche domande: “Can it?” (il vaccino può produrre tale reazione?), “Did it?” (l’ha realmente prodotta?) e “Will it?” (una nuova somministrazione del vaccino può provocare nuovamente la reazione? Se il vaccino viene somministrato ad un’ampia popolazione, in quale proporzione potrà provocare la reazione?). E’ ovvio che se la risposta alla domanda “Did it?” è positiva, allora diventa affermativa anche la risposta alla prima domanda “Can it?”.

        

 

Correlazione temporale tra vaccinazione e manifestazioni patologiche non significa perciò sempre correlazione causale tra i due eventi. In taluni casi la correlazione è evidente; il caso più semplice è la reazione locale nella sede di inoculazione del vaccino, che a volte può essere anche molto intensa. Anche la febbre che compare entro 72 ore dalla vaccinazione può facilmente essere correlata alla vaccinazione. Ma in altri casi, soprattutto per eventi rari, può essere difficile stabilire l’esistenza della correlazione.

 

Più in generale, per verificare se un certo evento è correlato ad una vaccinazione, è spesso necessario uno studio epidemiologico che metta a confronto due popolazioni: una vaccinata ed un’altra non vaccinata. Successivamente si analizza se nelle 2 popolazioni l’evento è più frequente nella popolazione vaccinata, rispetto a quella non vaccinata. Si costruisce cioè la cosiddetta tabella 2 X 2, secondo lo schema seguente:

 

 

     EVENTO AVVERSO

          ê                       ê

VACCINA

ZIONE ê

SI

NO

SI

a

b

NO

c

d

Quindi si mettono a confronto i tassi di occorrenza dell’evento nella popolazione vaccinata (a/a + b) e in quella non vaccinata (c/c + d), che funge da “gruppo di controllo”. Se l’occorrenza dell’evento nella popolazione vaccinata è statisticamente più significativa di quella nella popolazione non vaccinata, si può concludere che si tratta non di un evento casuale ma di una reazione correlata alla somministrazione del vaccino; purtroppo non gli studi sperimentali, ma tragici eventi (come già illustrato), dimostrano che nei soggetti non vaccinati contro malattie come polio, tetano, difterite, non si misura la frequenza e la gravità delle reazioni, ma si contano i morti.

 

Un altro tipo di studio epidemiologico utilizzato frequentemente è quello degli studi “caso controllo”. Per verificare se sussista un rapporto tra una vaccinazione ed una determinata patologia, si seleziona un gruppo di pazienti con la patologia in questione, ed un gruppo cosiddetto “di controllo”: vale a dire un gruppo di soggetti comparabili per età, sesso, altre caratteristiche che possano influenzare la patologia studiata; in tal modo è possibile verificare se la vaccinazione in esame risulta più frequente nella popolazione ammalata rispetto a quella sana.

 

Attraverso l’uso di particolari formule matematiche si può stabilire se questa differenza è dovuta al caso oppure se è statisticamente significativa, quindi se esiste una relazione causale tra vaccinazione e patologia.

 

Con tutti questi tipi di indagine è stato possibile ad es. verificare la mancanza di una correlazione causale tra:

 

1)     vaccinazione antimorbillo-parotite-rosolia e morbo di Crohn o l’autismo (American Medical Association 2000; Chen  1998; Chen 1991; Duclos 1998; Farrington 1995; Farrington 2001; Feeney M 1997; Haga 1996; Halsey, 2001; Kaye 2001; Medical Reasearch Council 2001 www.mrc.ac.uk; Patriarca 1995; Stratton 2001; Taylor 1999; Taylor 2002; World Health Organization 2000 a);

 

2)     vaccini e diabete (Destefano 2001; Jefferson 1998; Graves 1999);

 

3)     vaccino anti-epatite B e sclerosi multipla (World Health Organization 1997 a; Confavreux 2001; Ascherio 2001);

 

4)     vaccini ed aumento di incidenza di allergie (Gruber 2001).     

 

Tutti questi studi permettono inoltre alle autorità sanitarie dei vari Paesi di ampliare le conoscenze sui vaccini e di aggiornare periodicamente le schede tecniche ed i foglietti illustrativi, che solitamente riportano la frequenza attesa di effetti collaterali.

Prima dell’immissione in commercio, le autorità sanitarie dei vari Paesi (l’Istituto Superiore di Sanità per l’Italia) controllano la sterilità e l’eventuale tossicità di ogni lotto di vaccino. Tali accertamenti, come pure la rispondenza del prodotto agli standard produttivi, vengono eseguiti anche dalle ditte produttrici, che devono assicurare che il vaccino rispetti le rigorose specificazioni previste dalla Farmacopea Europea.

 

Come si può notare, i medici non vaccinano utilizzando sostanze sconosciute e di cui non conoscono gli effetti. Ovviamente in caso di eventi insoliti, la cui correlazione con la vaccinazione non può essere esclusa, è necessario procedere ad un’accurata segnalazione agli enti preposti alla sorveglianza ed eventualmente all’adozione di indagini ad hoc.

 

Segnaliamo infine che la scelta dei vaccini da somministrare è da noi attuata valutando, oltre alla loro efficacia, anche la frequenza degli effetti collaterali.

Se un vaccino provoca una frequenza elevata di effetti collaterali, noi siamo i primi a non volerlo usare.

 

Un episodio emblematico può servire da esempio per spiegare come un evento avverso possa essere erroneamente attribuito ad un vaccino.

Molto raramente si verificano, soprattutto nei primi mesi di vita, dei casi di morte improvvisa in neonati apparentemente sani (denominati SIDS, Sudden Infant Death Sindrome, o morte improvvisa del lattante). Se in un caso di questo tipo il neonato non fosse stato ancora vaccinato ovviamente nessuno ritiene possibile un coinvolgimento dei vaccini nel decesso. Se invece fosse stato vaccinato, magari pochi giorni prima, il bimbo sarebbe morto pochi giorni dopo la vaccinazione. Chi sarebbe mai riuscito a convincere i genitori che la vaccinazione non aveva causato la morte del loro bimbo?

 

Bibliografia

 

 

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Chen RT, Moses JM, Markowitz LE, Orenstein WA. Adverse events following measles-mumps-rubella and measles vaccinations in college students. Vaccine 1991; 9: 297-299.

 

Confavreux C, Suissa S, Saddier P et al. Vaccinations and the risk of relapse in multiple sclerosis. New Engl J Med 2001; vol. 344 n 5: 319-326.

 

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Halsey, NA & Hyamans, SL. Measles-mumps-rubella vaccine and autistic spectrum disorders: Report from the New Challenges in Childhood Immunizations Conference convened in Oak Brook, Illinois, June 12-13, 2000. Pediatrics, 107, E84 (2001) .

 

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World Health Organization 2000 (a). Adverse Events following measles, mumps and rubella vaccines. www.who.int/vaccines-diseases/safety/infobank/mmr.shtlm (2000).

 

 

TIPIZZAZIONE HLA E VACCINAZIONI: LE ATTUALI EVIDENZE.

 

A partire dalla metà degli anni ’90 alcuni genitori contrari alle vaccinazioni hanno cominciato ad esibire certificati medici in cui alcuni colleghi (tra cui il dott. Massimo Montanari, un chirurgo pediatra di Bari), dopo aver richiesto per i loro figli alcuni esami (tra cui la tipizzazione HLA per antigeni di classe I e II e il rapporto tra linfociti CD4 e CD8 nel sangue periferico) controindicavano la vaccinazione ipotizzando un aumentato rischio di insorgenza di patologia autoimmuni. In questo modo veniva superato il problema della obbligatorietà vaccinale, in quanto la totalità dei certificati esibiti controindicava le vaccinazioni. In realtà tutte le evidenze scientifiche disponibili erano ben lontane dal poter supportare le conclusioni riportate in tali certificati, ma il fenomeno ha assunto una tale rilevanza che nell’aprile del 1998 il Ministero della Sanità si è espresso, dopo ripetute richieste da parte degli operatori sanitari, pubblicando in un documento (riportato oltre in questo documento) in cui si ribadisce la non opportunità di eseguire tali esami prima di cominciare il ciclo vaccinale. Le conclusioni del documento restano ancora oggi valide.

Infatti, sebbene analizzando gli antigeni HLA in pazienti affetti da patologie autoimmuni si evidenzi una maggiore frequenza di alcuni molecole HLA (un esempio per tutti HLA B27 nella spondilite anchilosante e nella sindrome di Reiter) non è per questo che tutti i soggetti che possiedono tale molecola siano destinati ad ammalarsi (anzi, accade il contrario: la maggior parte dei soggetti che possiedono la molecola HLA B27 non andrà mai incontro a queste malattie….). Pertanto non esiste alcuna dimostrazione che i vaccini (che “simulano” una infezione allo scopo di immunizzare il ricevente contro una malattia infettiva) siano in grado di causare la comparsa di una malattia autoimmune come dimostrato in molte patologie da importanti studi epidemiologici (si veda in altri capitoli di questo documento la non associazione tra vaccini e diabete, vaccini e sclerosi multipla, vaccini e morbo di Chron, tutte patologie autoimmuni).

L’ipotesi di una azione causale dei vaccini nello scatenare le malattie autoimmuni si basa sul fatto che molti studi dimostrano un ruolo significativo delle infezioni nello scatenare (slatentizzare) le malattie autoimmuni ed è stato ritenuto plausibile che anche i vaccini, simulando un’infezione, si possano comportare in modo simile.

La letteratura riporta, nel corso degli anni, un notevole numero di segnalazioni anedottiche in cui si descrive (sebbene molto raramente se si confrontano i casi descritti confrontandoli con le milioni di dosi di vaccino somministrati) l’insorgenza di forme autoimmuni temporalmente correlate con una vaccinazione (si veda a questo proposito il capitolo sulla sicurezza dei vaccini in cui si descrive in dettaglio il significato di associazione causale e di associazione temporalmente correlata). Tuttavia, la dimostrazione di un rapporto causa-effetto non è possibile se non studiando, per esempio, quanto certi eventi avversi sono frequenti in una popolazione di soggetti vaccinati rispetto ad una di non vaccinati, cioè attraverso studi epidemiologici.

Non esiste ancora oggi alcun lavoro scientifico che indichi la necessità di uno studio dell’HLA (né di altri esami) come valutazione preliminare prima di eseguire le vaccinazioni. Il dott. Montinari (e i colleghi che a lui si sono ispirati) basano le loro conclusioni senza adeguate evidenze scientifiche, spesso citando una pubblicazione (l’unica prodotta dal dott. Montanari di argomento immunologico) pubblicata su una rivista di cui lo stesso dott. Montanari si dichiara “editor in chief” dal 1993 e pubblicata a Bari.

(Diagnostic Role of Immunogenetics in Post-Vaccine Diseases of the Central Nervous System (CNS)": Preliminary Results, M. Montinari, B. Favoino, Angela Roberto. Original article: The Mediterranean Journal of Surgery and Medicine (1996), 69,72; DCIA Editrice srl, Bari (I).

 

 

SE ESEGUIAMO UNA RICERCA BIBLIOGRAFICA ACCURATA, POSSIAMO INVECE VERIFICARE CHE:

1)     LA LETTERATURA E’ PIENA DI LAVORI CHE IN TEMPI SUCCESSIVI IPOTIZZANO (MA NON PROVANO) O SMENTISCONO LA CORRELAZIONE TRA VACCINI E INSORGENZA DI PATOLOGIA AUTOIMMUNE E AL MOMENTO ATTUALE  TUTTI I DATI EPIDEMIOLOGICI ESCLUDONO CHE I VACCINI ATTUALMENTE IN USO SIANO COINVOLTI NELL’INSORGENZA DI PATOLOGIE AUTOIMMUNI (ES. VACCINI ANTI EPATITE B E SCLEROSI MULTIPLA, Hib E DIABETE). LE UNICHE EVIDENZE CONTRARIE RIGUARDANO IL VACCINO INFLUENZALE CHE, NEL 76-77, AVEVA MOSTRATO UN INCREMENTO DELLE SINDROMI DI GUILLAIN-BARRE’ E LA PORPORA TROMBOCITOPENICA, COMPLICANZA RICONOSCIUTA DEL VACCINO MPR (CON UNA INCIDENZA PERALTRO SIGNIFICATIVAMENTE INFERIORE RISPETTO A QUELLA PRESENTE IN CORSO DI MORBILLO O ROSOLIA). Esistono poi dati statisticamente poco significativi anche riguardo ad un lieve aumento di Sindrome di Guillain Barrè post vaccino anti-influenzale per gli anni 92-93.

 

2)     COERENTEMENTE CON LE CONOSCENZE VIA VIA SEMPRE PIU’ APPROFONDITE DEI MECCANISMI DELLA RISPOSTA IMMUNE, LA LETTERATURA PIU’ RECENTE SOTTOLINEA INVECE L’IMPORTANZA DELL’HLA NEL DETERMINARE O MENO LA CAPACITA’ DI RISPONDERE AD UN DETERMINATO VACCINO E L’ENTITA’ DELLA RISPOSTA: INFATTI SONO ORMAI CONSOLIDATI I DATI  CHE RIGUARDANO I VACCINI PER L’EPATITE B (ED ANCHE PER ALTRI VACCINI ).TUTTAVIA, I MECCANISMI ALLA BASE DELLA REGOLAZIONE DELLA RISPOSTA IMMUNE SONO IN REALTA’ MOLTO PIU’ COMPLESSI, NON COINVOLGONO SOLO L’HLA E SIAMO ANCORA BEN LONTANI DAL POTER VALUTARE LA CAPACITA’ DI RISPONDERE (VACCINO PER VACCINO) DEI SINGOLI SOGGETTI.

 

 

3)     IL PUNTO CRUCIALE NON E’ COMUNQUE LA POSSIBILITA’ DI SLATENTIZZARE (PERCHE’ E’ DI QUESTO CHE SI PARLA) UNA QUALCHE FORMA DI AUTOIMMUNITA’ STIMOLANDO IL SISTEMA IMMUNITARIO CON I VACCINI (EVENTUALITA’ PERALTRO POSSIBILE IN VIA IPOTETICA IN QUANTO SI E’ DETTO ESSERE NOTO CHE IN MOLTE FORME AUTOIMMUNI TRA GLI EVENTI SCATENANTI CI SONO ANCHE LE INFEZIONI…..) QUANTO LA IMPOSSIBILITA’ DI CORRELARE HLA E AUMENTATO RISCHIO…. OVVERO UNA VOLTA CHE POSSIEDO LA TIPIZZAZIONE DI UN SOGGETTO IN REALTA’ NON HO INFORMAZIONI SUFFICIENTI SU COME INTERPRETARLA, AMMESSO CHE SIA POSSIBILE UNA SIMILE INTERPRETAZIONE. LA REALTA’ è CHE ALCUNI MEDICI ANTIVACCINATORI UTILIZZANO QUESTI DATI IN MANIERA PLATEALMENTE STRUMENTALE SENZA ALCUNA BASE SCIENTIFICA ED ARRIVANO SEMPRE A SCONSIGLIARE I VACCINI…..QUALUNQUE SIA IL RISULTATO DELLA TIPIZZAZIONE HLA.

4)     ATTUALMENTE NE’ LE AUTORITA’ SANITARIE DEI SINGOLI PAESI NE’ LE ORGANIZZAZIONI SANITARIE INTERNAZIONALE (TRA CUI L’OMS) RITENGONO CHE ESISTANO TEST DA ESEGUIRSI PRIMA DI COMINCIARE A VACCINARE, ANZI L’OPINIONE  CORRENTE E’ CHE TALI ESAMI SIANO NEL COMPLESSO DANNOSI PERCHE’ RITARDANO L’INIZIO DEL CICLO VACCINALE AUMENTANDO I RISCHI DI CONTRARRE INFEZIONI ALTRIMENTI PREVENIBILI.

 

Bibliografia

 

·        Shoenfeld Y et al. Vaccination and autoimmunity-« vaccinosis «  A dangerous liaison ? Journal of Autoimmunity  2000, 14 :1-10

 

·        Nossal GJV Vaccination and autoimmunity Journal of Autoimmunity 2000, 14:13-15

 

·        Chen RT et al. Epidemiology of autoimmune reactions induced by vaccination. Journal of Autoimmunity 2001, 16:309-318

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

Parere espresso dal Ministero della Sanità in relazione alla necessità o meno di valutare le caratteristiche del complesso maggiore di Istocompatibilità quale esame prevaccinale:

 

 

Oggetto: Valutazione delle caratteristiche del complesso maggiore di istocompatibilità ai fini della esecuzione delle vaccinazioni

 

 

                                                                                    Roma, lì 22 aprile 1998

 

Ministero della Sanità

DIPARTIMENTO DELLA PREVENZIONE

Uffico III - Malattie Infettive

Direttore: Dr.ssa De Stefano Caraffa

Prot. 400.3/26V/    1688

 

 

 

 

 

Oggetto:

Valutazione delle caratteristiche del complesso maggiore di istocompatibilità ai fini della esecuzione delle vaccinazioni

Agli Assessori Regionali alla Sanità delle Regioni a Statuto Ordinario e Speciale

Loro Sedi

 

Agli Assessori alla Sanità delle Province Autonome di Trento e Bolzano

Loro Sedi

 

p.c. All'Istituto Superiore di Sanità

Roma

 

 

 

            Sono pervenute a questo Ministero, da parte di operatori sanitari di varie Regioni, numerose segnalazioni circa la presentazione, ai fini dell'esonero dalle vaccinazioni, di attestazioni basate sulla valutazione del complesso maggiore di istocompatibilità.

In alcuni casi tali valutazioni erano state condotte sul bambino candidato alle vaccinazioni, in altri sui genitori o su altri consanguinei.

In relazione ad una delle prime segnalazioni, questo Dipartimento aveva richiesto all'Istituto Superiore di sanità un parere circa l'utilità di tali valutazioni per la previsione dell'insorgenza di eventuali effetti indesiderati delle vaccinazioni e sulla opportunità di estendere le indagini per la valutazione del complesso maggiore della istocompatibilità a tutti i bambini con la presenza di manifestazioni allergiche nell'anamnesi familiare.

Nella richiesta di parere veniva peraltro ricordato come nessuno degli organismi consultivi in materia di vaccinazioni operanti in altri Stati abbiano mai preso in considerazione l'esecuzione di indagini così complesse al solo scopo di valutare un'ipotetica condizione che potrebbe controindicare la somministrazione di vaccini; si ricordava anche come gli stessi organismi consultivi e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità abbiano più volte sottolineato come a nessun bambino dovrebbero essere preclusi i benefici delle vaccinazioni sulla base di controindicazioni non correttamente motivate, individuando nel ricorso indiscriminato a queste ultime uno dei fattori che hanno contribuito alla recrudescenza di malattie trasmissibili prevenibili per mezzo di vaccinazioni.

L'Istituto Superiore di Sanità ha fornito sull'argomento, in data 7 aprile 1998, una articolata ed esauriente risposta che si allega integralmente alla presente e a cui si prega di voler dare la massima diffusione presso gli operatori sanitari impegnati attivamente nell'attuazione delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate.

 

 

                                                                                    Il Direttore del Dipartimento

 

Per copia conforme

IL DIR. MED I LIVELLO

            D.ssa Loredana Vellucci

 

 

 

 

                                                                                    Roma, lì 7 aprile 1998

 

MINISTERO DELLA SANITA'

 

ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA'

 

n.002672/Imm.22-EB-BMM-VIR

Risposta al Foglio del  05.01.1998

N. 400.3/26V/7574

 

Oggetto:

Valutazione delle caratteristiche del complesso maggiore di istocompatibilità ai fini della esecuzione delle vaccinazioni

VIALE REGINA ELENA, 299

TELEGRAMMI: ISTISAN-ROMA

TELEX: 610071

TELEFAX: 49387118

 

Al Ministero della sanità

Dipartimento della Prevenzione

Ufficio III - Malattie Infettive

Viale della Civiltà Romana

00144 - Roma

 

 

 

 

            Nella relazione in oggetto si fa riferimento alla Relazione clinica del  piccolo Giuliani Francesco nella quale il pediatra controindicava la somministrazione del protocollo vaccinale secondo gli obblighi di legge vigenti al piccolo paziente. La controindicazione sarebbe dettata dal rischio di "slatentizzare" patologie autoimmuni o allergiche per le quali il piccolo avrebbe un rischio aumentato per la presenza, in entrambi i genitori, di un aplotipo HLA riportato "a rischio" per alcune malattie autoimmuni e/o allergiche.

 

            A questo proposito si fa presente:

 

1.      Esistono solo sporadiche segnalazioni frutto di studi aneddotici o puramente osservazionali sulla potenzialità di alcune vaccinazioni di indurre malattie autoimmuni. Infatti, ampi studi che mettono aconfronto individui vaccinati con altri non vaccinati non hanno mai evidenziato un aumentato rischio di insorgenza di queste malattie a seguito di vaccinazione, in particolare quando si tratta di di vaccini vivi attenuati (Pediatr. Allergy Immunol., 1990 Dec.; 1(2): 60-63. Idem, 1997; 8:17-20) (Folia Allergol. Immunol. Clin., 1986; 33:101-106). Questo metodo di studio (confronto tra popolazioni vaccinate e non vaccinate) è l'unico che può dare chiare indicazioni sulla presenza di eventuali associazioni.

2.      Per quanto riguarda le allergie, esiste una solo recente segnalazione (Epidemiology 1997 Nov; 8(6): 678-80) a favore di una maggiore frequenza di malattie allergiche in bambini vaccinati per difterite-pertosse -tetano. Questo studio però è fortemente sbilanciato nel numero dei non vaccinati vs vaccinati, e quindi richiede ulteriori verifiche. Si fa presente, a tale riguardo, che la "possibilità" (non la certezza) di un effetto favorente l'insorgenza delle allergie da parte delle vaccinazioni in parte dipende da una errata valutazione, anche da parte dei mass-media, di alcuni lavori scientifici che hanno sottolineato il possibile ruolo protettivo delle malattie infettive sulla insorgenza di manifestazioni allergiche. Tali studi hanno posto l'accento sul fatto che le migliorate condizioni igienico sanitarie nelle popolazioni occidentali possano aver contribuito ad una riduzione degli episodi infettivi nell'infanzia tali da rendere più facile, nei soggetti predisposti, la produzione di IgE  specifiche per allergeni. Ma nulla di tutto ciò induce a pensare che la pratica vaccinale , utile alla prevenzione di malattie particolarmente gravi, sia invece favorente le allergie.

3.      La associazione tra aplotipi HLA e malattie autoimmuni (spondilite anchilosante, altre malattie reumatiche) è nota, ma non esiste alcuno studio scientifico che dimostri l'associazione tra aplotipi HLA ed eventuali eventi avversi dopo la vaccinazione. Nel particolare della relazione del dott. Montinari, si deve notare come il sanitario abbia riportato, della tipizzazione HLA dei genitori del bambino, solo alcuni antigeni ritenuti più significativi e non l'aplotipo completo. Di conseguenza non è possibile sapere se i genitori del bambino sono omozigoti per "HLA B8" e "DQ2" (padre) e per "DR16" (madre). Nel caso di eterozigosi, nonostante gli "alleli siano autosomici dominanti", l'aplotipo del bambino potrebbe non essere la somma di quello dei genitori, ma gli alleli sarebbero stati ereditati secondo genetica mendeliana. In generale, comunque, se è nota una associazione tra aplotipi e malattie autoimmuni, questa deve essere intesa come "probabilistica"  e non eziologica. Se è vero che i pazienti con alcune patologie autoimmuni hanno più frequentemente determinanti aplotipi HLA, non è altrettanto vero che tutti i soggetti potatori degli stessi alleli siano destinati a sviluppare una patologia autoimmune. Se gli antigeni del complesso maggiore di istocompatibilità sono determinanti e se si conosce con sufficiente dettaglio il loro ruolo nella fisiologia della risposta immunitaria, non altrettanto si può dire per il loro ruolo nelle malattie autoimmuni. Pur in mancanza di studi mirati alla valutazione del problema in questione, si può comunque riflettere sul fatto che la popolazione dei soggetti portatori di alleli HLA "a rischio" di malattie autoimmuni e comunque, allo stato attuale, vaccinata a norma di legge. Ciò nonostante continuano ad essere rappresentati soggetti con aplotipi "a rischio" ma non malati. Tale valutazione, seppur semplicistica, invita a considerare che altri fattoti, e non le vaccinazioni, che sono uguali per tutti, incidano in maniera più significativa sulla "slatentizzazione" di malattie autoimmuni.

 

Si ribadisce che, allo stato attuale delle conoscenze, le vaccinazioni rappresentano un fondamentale intervento di profilassi antinfettiva, con un rapporto rischio/beneficio molto favorevole.

 

Non si ritiene, pertanto, che il protocollo vaccinale debba essere cambiato nella popolazione, né di dover valutare le caratteristiche del complesso maggiore di istocompatibilità nei soggetti con anamnesi positiva per malattie allergiche e/o autoimmuni ai fini della esecuzione delle vaccinazioni. Infine, per quanto riguarda la richeista del Ministero sulla opportunità di estendere le indagini di tipizzazione HLA a tutti i bambini con la presenza di manifestazioni allergiche o autoimmuni nell'anamnesi familiare , si ritiene che tale indagine sia del tutto inutile allo stato attuale delle conoscenze, dal momento che la tipizzazione metterebbe in evidenza un aumentato "rischio generico aggravato" di malattia allergica o autoimmune in assenza di alcuna possibilità di incidere sulle cause che potrebbero concretizzare il rischio, dal momento che non sono conosciute e che non esistono studi che indizino le vaccinazioni fra le cause certe. Mentre, di fatto, avrebbe la conseguenza inevitabile di rallentare o impedire la pratica vaccinale e i suoi sicuri benefici. Questo Istituto ritiene che, in una situazione in cui l'opinione pubblica è particolarmente sensibile ai temi della sanità pubblica e, talvolta facilmente influenzabile, la estensione di controindicazioni alle vaccinazioni basate su valutazioni soggettive e non suffragate da motivazioni scientifiche internazionalmente validate, sia un grave errore da evitare.

 

 

 

                                                                             Il Direttore dell'Istituto

 

 

 

I vaccini multipli sopraffanno o indeboliscono il sistema immunitario del neonato?

 

 

Cento anni fa i bambini ricevevano un solo vaccino (il vaccino antivaioloso). Quaranta anni fa ricevevano cinque vaccini routinariamente (difterite, tetano, pertosse, polio e vaiolo) e 8 iniezioni entro i 2 anni. Oggi i bambini ricevono 11 vaccini e 20 iniezioni entro i 2 anni.

L’aumentato numero di vaccini dati ai bambini e l’aumentata percentuale di bambini vaccinati, è risultato in una impressionante diminuzione nel numero di malattie prevenibili con vaccino. la gran parte dei giovani genitori, oggi, non hanno mai visto molte delle malattie oggetto delle vaccinazioni. Come possibile conseguenza di questi trends, recenti indagini nazionali hanno riscontrato che il 23% dei genitori si informavano sul numero di iniezioni raccomandate per i loro bambini, (1) e il 25% mostravano preoccupazione che i vaccini potessero indebolire il sistema immunitario.

Poiché i genitori ricevono informazioni e raccomandazioni sui vaccini dai medici di fiducia (2), questo articolo ha lo scopo di fornire informazioni sugli effetti dei vaccini sul sistema immunitario dei lattanti e sulla capacità del sistema immunitario di rispondere in modo adeguato e sicuro alla somministrazione multipla dei vaccini.(3,4)

 

BREVE SINTESI DELLE RISPOSTE

IMMUNI DEL NEONATO E DEL LATTANTE

 

Il sistema immunitario del neonato

I neonati sviluppano la capacità di rispondere agli antigeni estranei prima di venire al mondo. Le cellule B e T sono già presenti in 14.ma settimana di gestazione e rappresentano un enorme apparato di recettori antigeni specifici (5). Nonostante il sistema immunitario fetale ha le potenzialità di rispondere ad un gran numero di antigeni estranei, pochi di questi sono presenti nell’utero, per cui le cellule del sistema immunitario sono “ingenue” alla nascita.

Immunità acquisita passivamente

Il neonato è, in parte, protetto contro le malattie dalle immunoglobuline materne. Le IgG materne sono trasportate attraverso la placenta prime della nascita, mentre le IgA secretorie sono presenti nel latte materno e nel colostro. Questi anticorpi acquisiti passivamente conferiscono una protezione contro i patogeni verso i quali la madre era immune. Tale protezione però è di breve durata. Le IgG acquisite passivamente dalla madre declinano durante i primi mesi di vita (6), e la maggior parte dei neonati non sono allattati (7). Aspetto ancora più importante, gli anticorpi materni conferiscono una protezione limitata se confrontata con la protezione conferita da una attiva risposta immune del neonato.

Immunità attiva

I neonati sono in grado di generare risposte immuni umorali e cellulari verso i patogeni al momento della nascita.(8,9) L’immunità attiva nei neonati comprende un ampio range di risposte di lifociti B (cellule B) comprendete la produzione di IgM, IgG e di IgA secretorie, così come lo sviluppo di linfociti T helper (Th) e linfociti T citotossici. (8,9) I neonati, poi, possono produrre specifiche subclassi di cellule Th, come i Th1 che partecipano alle risposte immuni cellulo mediate e le Th2 che sono principalmente coinvolte nel promuovere le risposte dei linfociti B.(8,9)

La sviluppo di una risposta immune attiva umorale e cellulare nei neonati è necessaria per affrontare il gran numero di insulti ambientali dal momento della nascita. Dopo la nascita, i bambini passano dall’ambiente relativamente sterile dell’utero ad un mondo pieno di batteri ed altri microorganismi. A cominciare con il processo della nascita, il neonato è esposto a microbi nella cervice uterina e nel canale del parto, e quindi nell’ambiente esterno. Entro poche ore, il tratto gastrointestinale del neonato, inizialmente relativamente libero di microbi, è pienamente colonizzato con batteri.(10) I più comuni batteri colonizzanti comprendono anaerobi facoltativi, come Escherechia coli e streptococchi, e anaerobi obbligati, come i Bacteroides e i Clostridi.(10) Le risposte IgA secretorie specifiche dirette contro questi batteri potenzialmente pericolosi sono prodotte dai linfociti intestinali del neonato entro la prima settimana di vita.(11)

Differenze funzionali tra le risposte immuni

del neonato e dell’adulto

Nonostante i lattanti possano generare tutti i linfociti T (Th1, Th2 e cellule T citotossiche), (8-9) le risposte dei linfociti B del lattante sono meno valide se confrontate con i bambini più grandi e gli adulti. I bambini rispondono bene agli antigeni (es. proteine) che richiedono l’aiuto delle cellule T per lo sviluppo. Tuttavia, fino a circa 2 anni di età, la risposta dei linfociti B verso gli antigeni a cellule T indipendenti (polisaccaridi) è considerevolmente minore rispetto a quella trovata negli adulti. Per questa ragione i lattanti sono tutti suscettibili a batteri che hanno capsule polisaccaridiche (HIB e Str. Pneumoniae)

Risposta immune ai vaccini da parte dei neonati

Il neonato è in grado di montare una risposta immune protettiva entro ore dalla nascita.(9) Per esempio, i neonati da madri HBsAg + montano una eccellente risposta immune protettiva vesro il vaccino antiepatite B dato alla nascita, anche senza l’addizionale uso di immunoglobuline specifiche.(13-15) Inoltre, il vaccino BCG dato alla nascita induce cellule T circolanti che proteggono contro la batteriemia e il conseguente sviluppo di tubercolosi miliare e meningite tubercolare. (16-18)

Risposta immune ai vaccini da parte dei lattanti

I lattanti sono pienamente in grado di generare risposte immuni protettive umorali e cellulari verso vaccini multipli simultaneamente. Circa il 90% dei lattanti sviluppa attivamente risposte immuni protettive ad una serie primaria di vaccini difterite-tetano-pertosse acellulare, epatite B, pneumococco, HIB e polio inattivato dati tra 2 mesi e 6 mesi di età (19)

Per superare l’incapacità del lattante a montare una risposta dei linfociti B verso antigeni a cellule T indipendenti, i vaccini polisaccaridici (HIB e S. Pneumoniae) sono legati ad una proteina trasportatrice (tossoide difterico, tossoide tetanico, ecc) che “attragga” le cellule Th del lattante. Convertendo una risposta immune a cellule T indipendente ad una risposta a cellule T dipendente, i vaccini coniugati possono essere riconosciuti dalle cellule B del lattante. I vaccini coniugati, perciò, inducono risposte immuni protettive in lattanti che sono maggiori rispetto a quelle trovate dopo infezione naturale (20)

Risposte immuni ai vaccini da parte di

bambini con immunodeficienze

bambini severamente immunocompromesse (in special modo quelli con difetti di linfociti T) che ricevono vaccini virali vivi (morbillo o varicella) (21,22)o batterici vivi (BCG) (23,24) possono sviluppare infezioni disseminate con questi patogeni attenuati. Tuttavia, il solo vaccino vivo che era routinariamente somministrato negli USA nel primo anno di vita, il polio orale (OPV), è stato adesso sostituito con il polio inattivato. Perciò, i bambini non ricevono i loro vaccini virali vivi prima di 12-15 mesi di età. La maggior parte dei bambini con severe deficienze di linfociti T saranno stati identificati tra i 6 e gli 8 mesi di vita. (24,25)

Tuttavia molti bambini con immunodeficienze rispondono bene a vaccini virali vivi. Poiché il rischio di infezione severa è maggiore dopo infezione naturale con virus selvaggi rispetta alla immunizzazione con virus altamente attenuati nella virulenza, l’ACIP e l’AAP raccomandano che certi bambini immunocompromessi dovrebbero ricevere vaccini virali vivi.

Per esempio, i bambini HIV positivi senza severa deficienza di linfociti T (percentuale di CD4+ superiore al 25%) dovrebbero ricevere i vaccini MMR e quello della varicella. (26-28). Le vaccinazioni sono bel tollerate da questi gruppi di bambini HIV positivi, e conferiscono una immunità protettiva. (29,30) L’immunizzazione con vaccini virali vivi si è inoltre dimostrata sicura ed efficace in certi bambini con malignità e in bambini dopo trapianto di midollo (31,32)

Risposta immune ai vaccini in bambini

con malattie lievi, moderate o severe

Alcuni genitori possono essere preoccupati che i bambini con malattie acute sono, in un certo senso, immunocompromesse, che rispondono meno ai vaccini, che più facilmente sviluppano reazioni avverse rispetto ai bambini sani. Oppure, tali genitori possono credere che ai bambini ammalati non si dovrebbe gravare un sistema immunitario già impegnato dalle infezioni in atto. Tuttavia, le risposte anticorpali specifiche e i tassi di reazioni avverse associate a vaccino dei bambini con malattie lievi o moderate sono comparabili a quelle di bambini sani. Per esempio, la presenza di infezioni delle alte vie respiratorie, l’otite media, la febbre, le infezioni cutanee, la diarrea non intaccano i livelli di anticorpi protettivi indotti dalla vaccinazione (33-37).

Dati sulla capacità dei vaccini di indurre risposte immuni protettive in bambini con infezioni severe (come, polmoniti batteriche e meningite) sono insufficienti. Nonostante un ritardo si raccomandato nel somministrare vaccini in bambini con malattie severe, finchè i sintomi non si risolvono, (26) questa raccomandazione non è basata sulla possibilità che il bambino abbia una risposta immune inadeguata al vaccino. piuttosto, la ragione per rimandare la vaccinazione è di evitare il sovrapporsi di una reazione al vaccino alla malattia di base o erroneamente attribuire una manifestazione della malattia al vaccino (26).

 

I VACCINI SOPRAFFANNO IL SISTEMA IMMUNITARIO?

 

I lattanti hanno la capacità di rispondere ad un numero enorme di antigeni.

Studi sulla diversità dei recettori antigenici indicano che il sistema immunitario ha la capacità di rispondere ad un numero estremamente grande di antigeni. I dati attuali suggeriscono che la capacità teorica determinata dalla diversità delle regioni geniche permetterebbe la formazione di 109 -1011 differenti specie di anticorpi (38). Ma questa predizione è limitata dal numero di linfociti B circolanti e dalla ridondanza degli anticorpi generati da un individuo.

Un modo più pratico per determinare la diversità della risposta immunitaria sarebbe di stimare il numero di vaccini a cui un bambino potrebbe rispondere in un determinato momento.

Se noi assumiamo che:

1.      circa 10 ng/mL di anticorpi verosimilmente è una concentrazione reale di anticorpi per epitopo (una regione immunologicamente distinta di una proteina o di un polisaccaride (38)

2.      la generazione di 10 ng/mL richiede approssimativamente 103 linfociti B

3.      un singolo clone di linfociti B impiega circa 1 settimana per raggiungere una progenie di 103  linfociti B richiesti per secernere 10 ng/mL di anticorpi (perciò, le risposte immuni epitope specifiche trovate circa 1 settimana dopo la vaccinazione può essere generata inizialmente da un singolo clone di linfociti B per mL)

4.      ciascun vaccino contiene circa 100 antigene e 10 epitopi per antigene (es. 103  epitopi)

5.      approssimativamente 107 linfociti B sono presenti per mL di sangue circolante (39)

 

ogni bambino avrebbe la capacità teorica di rispondere a circa 10.000 vaccini contemporaneamente (ciò si ottiene dividendo 107 linfociti B in un mL per 103 epitopi per vaccino).

Ora, la maggior parte dei vaccini contiene molto meno di 100 antigeni (per es. i vaccini dell’epatite B, della difterite e del tetano contengono 1 antigene), così il numero stimato di vaccini a cui un bambino potrebbe rispondere è “cauto”. Usando queste stime, possiamo predire che se 11 vaccini fossero dati ai lattanti nello stesso momento, allora solo lo 0,1% del sistema immunitario sarebbe “consumato”.

Tuttavia, poiché i linfociti B e T sono costantemente ricostituiti, un vaccino, in realtà, non “consuma” mai una frazione del sistema immunitario. Per esempio, studi sulla dinamica sulla popolazione dei linfociti B nelle persone HIV positive indica che il comportamento umano delle cellule T è altamente produttivo. (40). In dettaglio, il sistema immunitario ha la capacità di ricostituire circa 2 bilioni di linfociti T CD4+ al giorno. Nonostante questa attività di ricostituzione sia vorosimilmente molto più alta del normale e necessario turnover delle cellule T CD4+, esso mostra l’enorme capacità del sistema immunitario di generare linfociti.

I bambini sono esposti a meno antigeni presenti nei vaccini oggi rispetto al passato

I genitori che sono preoccupati sull’aumentato numero di vaccini raccomandati possono stare tranquilli in quanto i bambini sono esposti ad un minor numero di antigeni, proteine e polisaccaridi, nei vaccini oggi rispetto al passato.

La tabella  sintetizza il numero di proteine e polisaccaridi contenuti nei vaccini routinariamente raccomandati e/o obbligatori somministrati oltre 100 anni or sono. Nonostante noi, adesso, diamo più vaccini ai bambini, l’attuale numero di antigeni che ricevono è diminuito. Mentre in precedenza un vaccino, quello del vaiolo per esempio, conteneva circa 200 proteine, adesso gli 11 vaccini routinariamente raccomandati contengono meno di 130 proteine complessivamente. Due fattori intervengono in questo declino: primo, l’eradicazione del vaiolo evita la necessità dell’uso di quel vaccino, secondo, le nuove conoscenze sulla chimica delle proteine ha portato ad avere vaccini con meno antigeni (esempio, sostituzione del vaccino antipertossico cellulare con quello acellulare).

 

Numero di proteine immunogeniche e di polisaccaridi contenuti nei vaccini nei passati 100 anni

1900                                                        1960                                        1980                                        2000

___________________                  __________________                __________________                _________________

Vaccino            Proteine                 Vaccino          Proteine Proteine          Proteine Vaccino                 Proteine/

                                                                                                                                                                                           Polisaccaridi

Vaiolo(*)                ~ 200                      Vaiolo                    ~ 200                Difterite                 1                Difterite                 1

Totale                       200                         Difterite                (a)                 1              Tetano                   1                Tetano                   1

                                                               Tetano (b)                   1                Pert.cell.     ~ 3000    Pert. Ac.                (&)                2-5

                                                Pertosse cell.(c)                ~ 3000                Polio                   15                Polio                       15

                                                Polio (d)                     15                Morbillo (h)      10                Morbillo                10

                                                Totale                    ~ 3217                Parotite (l)          9                Parotite                  9

                                                                                                         Rosolia  (m)         5                Rosolia                  5

                                                                                                         Totale           ~ 3041                Hib (p)                    2

                                                                                                                                                            Pnp (y)                  8

                                                                                                                                                            HBV(@)                  1

                                                                                                                                                            Varicella (w)          69

                                                                                                                                                            Totale                    123-126

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(@) Hepatitis B vaccine: MMWR 1991 (November); 40:1-25

(&) Acellular pertussis vaccine: MMWR 1997 (March); 46: 1-25

 

I bambini rispondono ai vaccini multipli somministrati nello stesso momento in modo simile ai vaccini somministrati singolarmente.

Se i vaccini sopraffacessero o indebolissero il sistema immunitario, allora ci si dovrebbero aspettare risposte immunitarie minori quando i vaccini sono somministrati nello stesso momento, confrontati con somministrazioni in tempi separati.(41, 42). Tuttavia, i seguenti vaccini inducono risposte umorali simili sia quando vengono somministrati nello stesso momento che in tempi diversi:

1.        MMR e Varicella (43,44)

2.        MMR, DTP e OPV (45)

3.      HBV, DT e OPV (46)

4.        Influenza e Pneumococco (47)

5.        MMR, DTP-Hib e Varicella (48)

6.        MMR e Hib (49)

7.        DTP e Hib (49)

Raggiungere simili risposte immuni dando vaccini nello stesso momento in siti diversi può essere facilmente raggiunto piuttosto che combinando vaccini nella stessa siringa. I potenziali rischi di dare molti vaccini in una singola iniezione sono basati particolarmente sulle incompatibilità degli agenti usati per stabilizzare i singoli vaccini. (50)

 

I VACCINI INDEBOLISCONO IL SISTEMA IMMUNITARIO?

 

I vaccini aumentano il rischio di altre infezioni?

I vaccini possono causare una soppressione temporanea delle reazioni cutanee di ipersensibilità di tipo ritardato o alterare certe funzioni dei linfociti nei tests in vitro. (51-57) Tuttavia, l’immunosoppressione di breve durata causata da certi vaccini non risulta in un aumentato rischio di infezione da altri patogeni subito dopo la vaccinazione. I bambini vaccinati non sono ad aumentato rischio di conseguenti vaccinazioni rispetto ai bambini non vaccinati. (58-60) Al contrario, in Germania uno studio di 496 bambini vaccinati e non vaccinati trovò che i bambini che ricevettero la vaccinazione contro difterite, tetano, pertosse, Hib e polio entro i primi tre mesi di vita ebbero meno infezioni con patogeni correlati o non correlati ai vaccini rispetto al gruppo dei non vaccinati. (61)   

Le infezioni batteriche e virali, d’altra parte, spesso predispongono bambini ed adulti a severe ed invasive infezioni con altri patogeni. Per esempio, pazienti con polmonite pneumococcica molto verosimilmente hanno avuto recentemente una infezione da virus influenzali. (62) Allo stesso modo, l’infezione con il virus della varicella aumenta la suscettibilità alle infezioni da strepococco b-emolitico di gruppo A come fascite necrotizzante, sindrome da shock tossico e batteriemia. (63)

 

Conclusioni

Gli studi correnti non supportano l’ipotesi che i vaccini sopraffanno o indeboliscono il sistema immunitario. Al contrario, i lattanti hanno una enorme capacità di rispondere a vaccini multipli, come a molti altri “insulti” presenti nell’ambiente. Procurando la protezione contro un numero di patogeni batterici e virali, i vaccini prevengono “l’indebolimento” del sistema immunitario e le conseguenti infezioni occasionalmente causate dall’infezione naturale.

 

 

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